Calderisi stop

(Public Policy - stradeonline.it) Il possibile referendum sull'uscita dall'euro non costituisce solo un azzardo politico, ma un complicato rompicapo istituzionale. In primo luogo, l'articolo 75 della Costituzione impedisce i referendum abrogativi su materie legate all'attuazione di trattati internazionali, come quelli che disciplinano la partecipazione italiana all'Ue e all'euro. Peraltro, il referendum abrogativo delle leggi che ne hanno recepito i contenuti non potrebbe essere richiesto dalle Camere, ma da cinquecentomila cittadini o cinque consigli regionali, e sarebbe dichiarato comunque inammissibile dalla Consulta.

In secondo luogo, il referendum per l'uscita dall'euro non potrebbe essere un referendum propositivo di iniziativa popolare, non essendo questo previsto dalla Carta. D'altra parte, proprio la riforma Renzi-Boschi, avversata dal fronte no-euro, ne prevedeva l'inserimento nel nostro ordinamento costituzionale.

Lo strumento referendario andrebbe dunque "inventato" ad hoc, attraverso una legge costituzionale che preveda un referendum consultivo o di indirizzo, di cui pure, alla pari di quello propositivo, non c'è traccia nella Carta. Da questo punto di vista, c'è però un precedente interessante proprio su un tema collegato allo sviluppo istituzionale della costruzione comunitaria: nel 1989, infatti, contestualmente alle elezioni europee, andò al voto un referendum di indirizzo "sul conferimento di un mandato costituente al Parlamento europeo". Tale referendum, previsto dalla legge costituzionale 2/1989 approvata all'unanimità dalle camere, vide prevalere il sì con oltre l'88% dei voti.

Un'eventuale maggioranza anti-euro, nella prossima legislatura, potrebbe approvare una legge costituzionale analoga, che chieda però agli italiani di pronunciarsi sull'uscita dall'euro. Tralasciando ogni considerazione sulle conseguenze politico-istituzionali di una simile pronuncia, e limitandoci agli aspetti formali, è però chiaro che una legge costituzionale di questa natura dovrebbe essere approvata a norma dell'articolo 138 della Costituzione.

Se perciò nella seconda votazione di ciascuna delle Camere i voti favorevoli non raggiungessero la maggioranza dei due terzi dei componenti, anche questa legge, alla pari di quelle di revisione costituzionale, potrebbe essere sottoposta a referendum confermativo su richiesta di un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.

Visto che la coalizione no-euro (M5S, LEGA, FdI), anche qualora raccogliesse la maggioranza assoluta dei seggi (ipotesi non esclusa, nel caso di un elezione puramente proporzionale), difficilmente raggiungerebbe i due terzi in entrambe le camere, prima del referendum sull'euro occorrerebbe celebrare un referendum confermativo sulla legge che ne prevede l'indizione. E alla fine sarebbe questo primo referendum quello più decisivo e rappresentativo dell'opinione e degli indirizzi del Paese.

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