Brexit giovani

La Brexit è colpa dei 'vecchi', parola della stampa italiana. Molti quotidiani nostrani hanno dato ampio risalto al fatto che la maggioranza dei più giovani avrebbe votato Remain al referendum che ha sancito la decisione del Regno Unito di abbandonare l’Unione Europea, mentre le fasce più anziane della popolazione avrebbero optato per il Leave.

Questa valutazione, nella sua immediatezza, offre un prezioso destro per uscire dallo shock derivato dall’incomprensibilità del voto britannico. Alcuni, utilizzando la già di per sé arbitraria classificazione generazionale, hanno semplificato frettolosamente accusando i baby boomers (i nati tra il 1945 e il 1964) di aver tradito i millennials (nati dopo il 1982), condannando i più giovani nel breve periodo all’incertezza e nel medio-lungo alla possibile catastrofe economica.

Questa chiave di lettura è certamente suggestiva, ma è opportuno chiedersi se ha un suo fondamento. Occorre innanzitutto partire dal dato che ha scatenato questa interpretazione, e scopriamo subito che in realtà non è un dato ma semplicemente un sondaggio ripreso dal Guardian e commissionato da YouGov il 23 giugno su un campione di 4772 elettori. Quanto emerge dalla rilevazione è che il 75% degli interpellati tra i 18-24 anni avrebbe votato Remain, contro il 56% della fascia 25-49, il 44% di quella 50-64 e il 39% degli over 65. Esistono altri sondaggi circa le intenzioni di voto per fasce d’età realizzati da altre società come Lord Ashcroft Polls, che sostanzialmente confermano questo trend.

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È scontato ma è sempre meglio specificarlo: sia YouGov che le altre società che hanno effettuato rilevazioni in merito non sono agenzie governative, ma aziende private che operano nel campo dei sondaggi, esattamente come Gallup negli Stati Uniti. Sembrerà paradossale, ma non esistono dati ufficiali sull’affluenza per gruppi di età, come rivela Elections: Turnout, uno studio del 2013 elaborato dalla Commons Library e destinato ai membri del Parlamento britannico. Nella stessa pubblicazione tuttavia si fa riferimento, considerandole come pienamente affidabili, alle serie storiche delle consultazioni elettorali britanniche dal 1964 e che prendono in considerazione una consistente base dati di sondaggi, elaborati dal British Election Study, un consorzio accademico fondato dagli atenei di Oxford, Manchester e Nottingham.

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Come si evince dal grafico, nell’arco di poco più di cinquant’anni la partecipazione dei più giovani (18-24 e 25-34enni) è crollata, passando da percentuali oltre il 70% a poco più del 50%. È interessante notare invece come i dati relativi ai 55-64enni e soprattutto agli over 65 siano rimasti pressoché costanti, con tassi di partecipazione al voto sempre molto alti.

Non dimentichiamoci che i ventenni del 1960 sono i settantenni del 2010, perciò appare chiaro che la propensione a recarsi alle urne aumenta con l’aumentare dell’età in maniera strutturale e non occasionale, diventando dunque un comportamento legato alla maturità politica dell’elettorato.

Queste sono sostanzialmente le conclusioni alle quali è pervenuto il Financial Times, che osserva quanto segue: la divisione generazionale sulla Brexit è stato un dato assodato durante la campagna, ed è quanto emerge dai dati demografici, anche se solo debolmente. Se l’affluenza fosse stata maggiore tra i giovani, la loro influenza sul risultato finale sarebbe stata maggiore, ma, come spesso accade, c’è stata una tendenza generale che ha visto aumentare l’affluenza all’aumentare dell’età.

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Le stime fornite da YouGov sull’affluenza per fasce di età sembrano confermare questa tendenza, per cui le categorie più anziane primeggiano rispetto a quelle più giovani:

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Analizzando più compiutamente i dati a disposizione, la conclusione alla quale si può giungere è dunque opposta rispetto alla semplificazione che ne ha fatto la stampa italiana. Se ha vinto il Leave non è “colpa” degli anziani, semmai è più corretto affermare che la scarsa partecipazione al voto dei giovani ha fatto perdere il Remain. Numeri alla mano, un’affluenza più alta nelle fasce 18-24 e 25-34 avrebbe senz’altro potuto ribaltare l’esito del referendum. Una riflessione molto importante per capire che la democrazia per essere un po’ meno imperfetta – e in questo caso fare meno disastri – richiede la partecipazione di tutti.