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E’ bastata una settimana, quella della vittoria del No al referendum greco sulla proposta di salvataggio dell’Eurogruppo, per spazzare via anni di discussioni politiche, modellizzazioni accademiche e risse da talk show sull’uscita dall’euro. In una settimana è stato chiaro quello che fino ad allora tutti avevano rimosso: il problema non è stare dentro o fuori dall’euro, il problema è la transizione da dentro a fuori (come qualcuno, inascoltato, aveva tentato di far capire tempo addietro).

L’esperienza greca ha mostrato che nel momento in cui l’uscita dall’euro viene percepita come un’eventualità concreta, si mettono in moto dei meccanismi inarrestabili sufficienti a suicidare un paese, prima ancora che la transizione sia compiuta: corsa agli sportelli, fuga dei capitali, collasso del sistema bancario, shortage sui beni di prima necessità, e via così, fino all’inverno nucleare. Eppure dallo scoppio dell’eurocrisi, non si è fatto altro che parlare di Grexit, dai più beceri talk show di casa nostra ai più illuminati editoriali dei più prestigiosi giornali del pianeta: tutti sapevano cosa fare, nessuno spiegava come farlo.

Una simile schizofrenia sembra riproporsi oggi a proposito del dibattito sui confini, interni ed esterni, dell’Eurozona. Dobbiamo chiuderli, sigillarli a tenuta stagna? Prima di chiedersi se sia il caso o meno, sarebbe meglio rispondere alle domande contestuali: come? A quale prezzo? Ma su questo fronte tutto tace.

Tace Salvini, per il quale la soluzione è aiutare i migranti prima che diventino tali, a casa loro, dove l’occhio non vede e il cuore non duole. E come li vorrebbe aiutare, con l’adozione a distanza? Aprendo conti corrente in Tanzania, come da tradizione leghista? Regalando a governi corrotti i soldi delle nostre tasse? Come, di grazia? E ignora, Salvini, o fa finta di ignorare, che questa ondata migratoria è proprio il frutto della crescita economica di molti paesi dell’Africa subsahariana: quelli che oggi hanno un minimo di risorse per partire, fino a ieri non erano in grado di andare oltre un campo profughi di frontiera.

E con Salvini tacciono anche gli altri alfieri del “rimandiamoli a casa”, da Grillo alla Le Pen. Come, li rimandiamo a casa? Come, impediamo loro di arrivare? La storia della frontiera tra il Messico e gli Stati Uniti, in cui la progressiva militarizzazione non ha arrestato né ridotto i flussi migratori ma semplicemente fatto aumentare il numero delle vittime al confine, non suggerisce nulla? Non si tratta di doversi convincere per forza che il fenomeno migratorio sia migliore, o meno pericoloso, di quel che comunemente pensiamo. Si tratta di riportare il dibattito alla realtà. E di chiedere a chi sta lucrando, politicamente, sulla paura, di dare a questa paura risposte serie: come? E a quale costo?

A quale costo dovremmo tornare ad uno spazio europeo senza libera circolazione interna, oggi delle persone e domani delle merci e dei capitali? Perché è questo che dovrebbero aver chiaro quelli che oggi applaudono all’uscita del ministro dell’interno inglese: il pacchetto si prende intero, non si chiude oggi alla circolazione delle persone senza aprire la strada, immediatamente al ritorno del protezionismo commerciale intraeuropeo su larga scala. Non contano le intenzioni - circolazione delle merci e dei capitali sì, circolazione delle persone no - conta la realtà, che ci dice che sarebbero le ritorsioni alla caduta della seconda a far cadere in tempi brevi le prime due. E’, ancora una volta, come per l’euro: non basta dire “no all’austerità, sì all’euro” se il rifiuto del principio di responsabilità fiscale porta necessariamente all’uscita dalla moneta unica, per inerzia.

La verità è che è stata costruita una realtà “parallela”, in cui l’uso della ragione è fonte di irritazione, i fatti un diversivo, le emozioni la fanno da padrone e la sola cosa che conta è uscirsene con affermazioni che facciano star bene chi le pronuncia. (...) Costoro si sono convinti di avere il monopolio dell’autenticità: perché vi è una vasta ondata di ostilità contro la globalizzazione, contro le élites e contro la navigazione monotona che deriva dal dover prendere decisioni in un mondo imperfetto

Lo scriveva pochi giorni fa Tony Blair a proposito dell’evanescente deriva corbyniana del Labour Party, si può trasportare direttamente alle chiacchiere da Bar Sport della destra xenofoba e anti-europea delle nostre parti.

@giordanomasini