La Grecia insegna: dall'Euro non si esce, neanche volendo
Istituzioni ed economia
C’è un grafico pubblicato alcuni giorni fa da Bloomberg che racconta in maniera molto efficace quanto si sia deteriorata la situazione in Grecia nelle ultime settimane, quelle della rottura delle trattative con Bruxelles, del referendum, della chiusura delle banche e del precipitoso ritorno sui propri passi da parte del governo greco.
Il grafico indica il livello record di circolazione di banconote contanti: 50,5 miliardi di euro. 5 miliardi in più solo nel mese di giugno, si vedano i dati del mese precedente. A meravigliare non è solo la quantità di contante in circolazione, ma la velocità in cui in pochi mesi la situazione è precipitata: l’impennata di prelievi dai depositi, iniziata più o meno con il profilarsi della vittoria elettorale di Alexis Tsipras, indica quello che succede in un paese dell’Eurozona nel quale l’uscita dall’Euro cessa di essere un elemento di propaganda politica per diventare una eventualità percepita come possibile dalla popolazione. L’effetto di un incendio in un grattacielo.
Fuggire da un pericolo, reale o solo percepito conta poco, è una scelta perfettamente razionale, a livello individuale. Di fronte alla prospettiva di vedere i propri soldi denominati in una valuta fortemente svalutata rispetto all’euro, portarli via dalle banche è una scelta razionale, per conservare il loro valore originario. Ancora di più nel momento in cui si percepisce che il convergere di tante azioni razionali del genere sta esaurendo la liquidità delle banche: non più andare a ritirare i contanti, ma correre a ritirare i contanti, prima che finiscano. Anche gli esponenti di Syriza si sono messi in fila ai bancomat nel palazzo del parlamento greco. La Grecia degli ultimi mesi, lo avevamo raccontato poco dopo la vittoria di Syriza, e di più quella delle ultime settimane, è stata questo.
Insieme alla corsa agli sportelli, prima e dopo il blocco dei capitali imposto dal governo, abbiamo visto fenomeni che sono indicatori della stessa situazione di panico: gli agricoltori Greci non hanno venduto i loro raccolti di frumento, preferendo conservare fisicamente una materia prima il cui prezzo è originato al di fuori della Grecia, piuttosto che detenerne il controvalore in banca. Ci sono stati episodi di accumulo e speculazione anche sui beni di prima necessità, fenomeno che prelude il formarsi di un mercato nero. La percezione che si è diffusa è che il valore di qualsiasi bene fisico fosse più durevole di quello della moneta di corso legale. Il tutto nel giro di pochissimi mesi, fino al collasso del sistema evitato solo grazie al blocco dei capitali, alla chiusura delle banche e soprattutto alla riapertura in extremis della trattativa con i paesi creditori, che ha permesso alla BCE di ricominciare a rifornire le banche elleniche di liquidità.
Se si fosse andati avanti di quel passo, la Grecia avrebbe dovuto correre ai ripari dando corso legale a una nuova moneta e iniettandola frettolosamente nel sistema bancario, prima che venisse giù tutto. L’uscita dall’Euro era nelle cose, in una prospettiva temporale di poche ore, come avevamo spiegato, a prescindere dalle intenzioni delle parti in causa.
Oggi si discute molto del fatto che il governo greco non avesse un “piano B”, che nella sostanza sarebbe dovuto essere un piano per uscire dall’euro in maniera non traumatica. Il grafico appena illustrato dimostra che non era possibile, anche con le migliori intenzioni, avere un piano del genere, perché la realtà era già andata rapidissimamente oltre. Ricordate i leghisti che prima delle europee scrivevano che per uscire dall’euro “l’unico incomodo sarà che probabilmente durante la conversione, per alcuni giorni, sarà necessario chiudere le banche per impedire speculazioni”? Fa quasi tenerezza leggere oggi quelle pagine.
Ad avere messo in crisi la Grecia non è stato il crollo della fiducia dei mercati, o quella delle istituzioni europee, ma il crollo della fiducia dei cittadini greci nel momento in cui hanno visto materializzarsi la possibilità del ritorno alla vecchia Dracma. Succederebbe lo stesso anche da noi, e in qualsiasi altro paese portato a una situazione di stress simile. Su Strade lo avevamo spiegato (per esempio qui e qui) in tempi non sospetti - e ci davano dei terroristi. Ora che la situazione in Grecia sta lentamente tornando alla normalità, sarà interessante vedere quanto tempo ci vorrà perché la gente superi il trauma e torni a depositare i propri risparmi sui conti correnti bancari, allentando la dipendenza degli istituti di credito ellenico dalla liquidità di emergenza della BCE.
In ogni caso, la lezione che dovremmo avere appreso dalla Grecia sull’irreversibilità di fatto della moneta unica - a meno di non volere infliggere ai propri cittadini una situazione sociale che dalle nostre parti è stata sperimentata l’ultima volta in tempo di guerra - sembra piuttosto chiara.