Apple a Napoli: non di soli posti fissi è fatto il lavoro
Innovazione e mercato
Penso che noi italiani abbiamo qualche problema con la parola job. Per gli anglosassoni, in generale, significa il tipo di lavoro, il mestiere che si fa. Significa quello che si realizza, l'incarico che si compie. Esprime un concetto che ha per corollario “saper fare qualcosa che merita una remunerazione per il lavoro svolto”. Job vuol dire questo.
Naturalmente non è sbagliato tradurlo con il termine “impiego”, magari proprio per indicare una occupazione stabile, alle dipendenze di un datore di lavoro, in cambio di una retribuzione. Nella maggior parte dei vocabolari, infatti, è tradotto anche in questo modo. In ogni caso, converrete con me sul fatto che il termine job approccia il concetto di lavoro in senso più ampio e flessibile. Nel termine job non si distingue l'impiego alle dipendenze di altri da altre forme giuridiche di impiego, come l'auto-impiego o il lavoro indipendente, come free-lance o come professionista.
La maggior parte di noi italiani, quelli che del lavoro si ostinano a conservare una visione paleo-socialista, traduce automaticamente “job” con “posto di lavoro”. Concetto che a sua volta, invece, il più delle volte esprime una cosa del tipo “avere diritto alla scrivania in un ufficio, preferibilmente pubblico, e a uno stipendio a fine mese”. Ovviamente quest'ultimo concetto, molto italiano, è quasi del tutto privo di un corollario come quello citato in precedenza. Ma non voglio insistere più di tanto su questo.
La precisazione sui termini “job” e “posto di lavoro” torna molto utile per ragionare ancora un po' sulla storia del nuovo centro per lo sviluppo di app che la Apple ha deciso di aprire a Napoli. A quanto pare, il già tiepido entusiasmo che in un primo momento ha accompagnato l'annuncio si è completamente spento quando è stato chiaro che Apple non avrebbe portato nuovi “posti di lavoro” a Napoli. Molti avevano immaginato che l'azienda di Cupertino avrebbe creato 600 nuovi “posti fissi”, e ora, delusi, parlano addirittura di “fregatura”.
La responsabilità del misunderstanding è in parte del governo, che ha fatto un roboante annuncio peccando come al solito di trionfalismo. Ma credo che in parte dipenda anche dagli “occhiali” con cui noi italiani siamo abituati a guardare il mercato del lavoro e le opportunità di impiego. Vale a dire al modo in cui intendiamo il lavoro, cioè come “posto” e non come “job”. Abbiamo il nervo sensibile ai “posti di lavoro”. Sono quelli che ci interessano. Il concetto più generale di job invece ci sfugge.
E allora è utile dare un'occhiata a qualche dato in proposito. Nell'Unione europea, secondo le stime, sarebbero oltre 1 milione e mezzo gli impieghi lavorativi, intesi nel senso di job, che direttamente o attraverso l'indotto sono ricollegabili allo sviluppo di app. Di questi, ben 1 milione e 200 mila riguardano le app sviluppate proprio su iOS e dispositivi mobili Apple (il resto riguardano Android, Blackberry etc.). Quasi centomila di questi impieghi lavorativi sono in Italia. Se si considera che nel nostro paese il numero di impiegati dipendenti di Apple ammonta a circa milleottocento, si tratta di un indotto veramente molto esteso. Talmente esteso che ormai se ne parla come di un vero e proprio ecosistema produttivo. È la cosiddetta app economy. In tutta Europa sviluppa un valore di oltre 10 miliardi di euro e promette di crescere ancora molto (i dati sono reperibili anche sul sito della Apple).
Gli impieghi lavorativi (jobs) legati alla app economy in Europa rappresentano lo 0,7 per cento del totale. In Italia sono solo lo 0,4 per cento degli impieghi totali dell'economia. Ci sono paesi come Finlandia, Norvegia, Olanda, Svezia e Danimarca dove l'incidenza degli app economy jobs supera ampiamente l'1 per cento. In Finlandia sono quasi il 2 per cento del totale (vedi tabella). Conti alla mano, i dati sul nostro paese suggeriscono che se l'incidenza degli app economy jobs da noi si portasse appena soltanto alla media europea, cioè da 0,4 a 0,7 per cento, questo si tradurrebbe in oltre 70 mila impieghi lavorativi in più. E non c'è dubbio che la partnership assicurata da Apple è in grado di farci conseguire, attraverso la formazione di giovani ed esperti, un risultato come questo se non addirittura migliore. Non saranno 600 posti fissi, ma come jobs sono una enormità in più.
Nell'ipotesi minimale, dunque, potremmo avere circa 170 mila impieghi lavorativi totali nella app economy, in grado di creare un valore complessivo di oltre un miliardo di euro all'anno. E a regime potrebbero essere anche di più. Per avere un termine di paragone, sulla decontribuzione a favore delle nuove assunzioni il nostro governo aveva stanziato un miliardo all'anno, ma di denaro pubblico. Preso dalle tasche dei contribuenti.
Penso che a volte gli intrecci linguistici capitano veramente a proposito. E qui è proprio il caso di dire: cosa avrebbe potuto offrirvi di più l'azienda fondata da un uomo che si chiamava Jobs? Inutile stare sempre a parlare di innovazione, di digital economy e chissà di cos'altro, a recitare la parte degli avanguardisti, se poi l'aspirazione segreta rimane sempre quella di un posto fisso al ministero.