Dopo la sentenza della Corte, la riforma elettorale è più difficile
Editoriale
Non v'è chi oggi non renda omaggio al rigore e alla sapienza della Consulta, che ha "vendicato" gli italiani dall'oltraggio perpetrato imponendo loro una legge elettorale incostituzionale e lesiva (addirittura) della libertà di voto. Dal punto di vista tecnico, si tratta di questioni evidentemente complesse, la cui lettura costituzionalmente orientata sempre confina con quella politicamente corretta e, dunque, banalmente conformistica. Di tale conformismo si è avuta eco, ad esempio, con le polemiche contro il sequestro del voto di preferenza, che in Italia sembra la misura più precisa della democraticità del sistema elettorale ed è invece una piccola e tutto sommato pericolosa "anomalia" nel panorama delle democrazie contemporanee.
Nondimeno, qualunque cosa si voglia pensare della decisione della Corte e delle sue motivazioni (per dire: dall'articolo 48 della Carta risulta così chiaramente che liste bloccate di 5-6 candidati sono costituzionali e quelle di 15-16 invece no, perché non consentono di bilanciare in modo equilibrato il potere degli elettori e quello dei partiti?), rimane il fatto che cambia profondamente il sistema degli incentivi e dei disincentivi alla riforma elettorale e, per quello che possiamo capire, in senso non positivo.
Intanto, ora, una legge con cui andare eventualmente al voto c'è ed è per definizione costituzionale. È una legge fotocopia di quella che accompagnò l'Italia al collasso della Prima Repubblica e che, grazie alle soglie di sbarramento sopravvissute alla pronuncia di ieri (4 per cento alla Camera e 8 per cento al Senato per le singole liste e rispettivamente 2 e 3 per cento per le piccole componenti di coalizioni, che superino il 10% a Montecitorio e il 20% a Palazzo Madama), funzionerà in Italia, in particolare al Senato, come una sorta di sistema spagnolo. Oggi sopra il 4% alla Camera ci sono sì e no 5 forze politiche (PD, FI, M5S, e al limite di soglia NCD e Lega) e oltre l'8% al Senato solo le prime tre.
A Grillo e a Berlusconi questa legge va benissimo. Assicura al primo di prosperare all'opposizione senza finire intrappolato nella logica maggioritaria e al secondo di diventare alla fine necessario per la formazione di qualunque governo. Certo, nessuna forza politica ammetterebbe mai di volere andare al voto con la legge fatta dalla Consulta ritagliando il Porcellum, ma quanto i partiti ammettono non è di per sé significativo di quanto vogliano.
È evidente che le sole forze politiche che hanno interesse a cambiare la legge uscita ieri dalla Corte sono quelle di maggioranza. Il Pd per sperare di vincere le elezioni e di potere governare senza Berlusconi, le altre almeno per esistere. Ma sarà difficile trovare una quadra, visto che nella logica del doppio turno di coalizione, che sembra raccogliere i consensi maggiori, NCD avrà comunque il problema di doversi coalizzare con il Cav. e dunque di fatto consegnarsi ad esso, in una situazione di rapporti di forza molto sfavorevoli.
Vedremo come le cose andranno avanti o torneranno a fermarsi, ma chi pensa che la Corte ieri abbia dato una spinta decisiva al processo riformatore si illude e si sbaglia.