I professionisti della (Commissione) Antimafia
Editoriale
L’elezione di Rosy Bindi alla presidenza della Commissione Antimafia ha segnato l’ennesima spaccatura della virtuale unità della maggioranza. L’impressione è che le ricorrenti ragioni di contrasto non siano arginate dalla “ragione di governo”, ma addirittura alimentate, nel Pd e ancor più nel PdL, dalla necessità di condividere il sostegno all’esecutivo di grande coalizione.
Nel passaggio di ieri, alla normale tensione dei rapporti tra gli alleati/nemici, si è evidentemente sommata la diffidenza del centro-destra per una Presidente sospettata di volere alimentare la vulgata antimafioso-antiberlusconiana, che ha costituito in questi anni la cifra politico-giudiziaria dell’antimafia e dell’antiberlusconismo peggiore. Un nome per tutti, Ingroia.
Una ragione di sospetto ancor più fondata e generale non riguarda però questa Presidente, ma questa Commissione che, ogni volta rinnovata per testimoniare la doverosa attenzione politica al problema della criminalità mafiosa e attraversate così per inerzia le ultime legislature, mostra oggi tutti interi i segni del suo mezzo secolo di vita. Dovrebbe verificare l’attuazione e l’efficienza delle varie normative di contrasto alla criminalità organizzata e indagare sulle trasformazioni del fenomeno mafioso e del rapporto tra mafia e politica. Di fatto riecheggia in Parlamento le divisioni e i dilemmi dell’antimafia giudiziaria, cui normalmente si accoda o più raramente e timidamente si contrappone.
Di questa (Commissione) Antimafia ancillare che non serve alla politica e in fondo neppure alla giustizia oggi si potrebbe tranquillamente fare a meno. Nella prima metà degli anni ’60 la mafia “non esisteva” e la costituzione di una Commissione chiamata a indagare su di essa ne riconobbe e denunciò ufficialmente l’esistenza. Disfarsene oggi darebbe un equivoco messaggio di appeasement ai poteri mafiosi? No. Ci risparmierebbe invece gli equivoci e le trappole di una sociologia antimafia politicamente corretta o interessata e quindi sempre, comunque, sbagliata. E lascerebbe tutta intera al Parlamento e alla politica la responsabilità di contrastare con provvedimenti e misure intelligenti un fenomeno criminale sempre più integrato e nazionale. La linea della palma, come profetizzava Sciascia, è nel frattempo salita verso Nord.