Silvio Berlusconi è stato assolto in appello nel "processo-Ruby": ecco che arriva l'ennesimo gioco delle parti, l'ennesima scusa per dividersi in tifoserie, l'ennesima occasione di fare casino e trovare visibilità per personaggi altrimenti più che bolliti.
Silvio Berlusconi assolto Ruby
L'indotto di Silvio Berlusconi, ossia il magma indistinto di gente che sulle vicende giudiziarie del Cav. ha basato la propria esistenza e la propria sussistenza, riguadagna vita e respiro per l'ennesima volta: le varie Santanchè che lo difendono, i vari Travaglio che lo accusano tornano di nuovo alla ribalta dei media nazionali, molte volte con esiti grotteschi (cfr. la lite in diretta televisiva tra Giuliano Ferrara e Marco Travaglio, che qui non linkiamo per non darle ulteriore visibilità).

Se si dà uno sguardo alla cronaca politico-giudiziaria (ormai le due sono indistinguibili) degli ultimi tre giorni, il panorama è sconfortante.

Tra chi per l'assoluzione di Berlusconi si è vestito a lutto e chi ha tirato fuori il boa di struzzo;
tra chi fino a ieri idolatrava la magistratura e chi la insultava;
tra chi oggi insulta la magistratura e chi si è messo a idolatrarla (sì, le parti si sono simmetricamente invertite);
tra toghe rosse, toghe azzurre e Coloreria Italiana;
tra "cene eleganti" e presunti festini priapei;
tra PM d'assalto e avvocati di grido;
tra chi gridava allo scandalo prima e chi grida allo scandalo ora;
tra quelli che la corruzione di minorenni innocenti e quegli altri che "sietesoloinvidiosi";
tra i giustizialisti perché c'è di mezzo Berlusconi e i garantisti perché c'è di mezzo Berlusconi;
tra i processi pornografici e la pornografia delle procure;
ecco, tra tutto ciò, in questo eterno gioco delle parti, schierarsi con gli uni o con gli altri, per molti, è inevitabile.

Fino a quando non ci si accorge che, in realtà, le due parti sono una sola: quella che si compiace delle proprie urla da curva sud e che non ha nessun interesse a una vera riforma della giustizia, quella a cui conviene che tutto rimanga com'è per poter, a seconda dei momenti, gridare alla giustizia tradita o felicitarsi di vedere "incastrato" il proprio nemico politico.

In un Paese in cui il garantismo vale solo per gli amici e il giustizialismo prescinde dalla giustizia quando l'imputato è un nemico, fortunato è chi capisce che la necessità di scegliere fra Sabina Guzzanti e Ruby Rubacuori, politicamente, non esiste.

La vera parte avversa, la sola che valga la pena di essere sostenuta, specialmente in un Paese di tifoserie come questo, è quella di chi legge le sentenze prima di commentarle, di chi è garantista sempre e non solo quando fa comodo, di chi non confonde il proprio wishful thinking con la verità processuale.

Una parte che, in Italia, ha se non altro il pregio di essere molto poco affollata.