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Si parla di carceri solo quando la cronaca nera può cavalcare l’onda di una tragedia, come in un macabro spettacolo i cui protagonisti, spente le telecamere, tornano non solo isolati, ma invisibili.

Questo è ciò che il rapporto Antigone ci racconta, questo è ciò che emerge dalle torture al carcere minorile Beccaria: la fotografia, sconnessa dalla reale esperienza di vita, di un luogo dove oggi finiscono anche persone di cui lo Stato non sa o non vuole occuparsi.

Se guardiamo al nostro paese al 31 marzo 2024 erano 61.049 le persone detenute, a fronte di una capienza ufficiale (che non è quella reale) di 51.178 posti. Si tratta, se consideriamo la capienza reale, di un tasso di sovraffollamento che supera il 125% con alcune regioni che sono in particolare sofferenza, come la Lombardia.

Quindi verrebbe da chiedersi: dove sono finiti i fondi del progetto BEI/Ministero della Giustizia del 2020 che mirava a ridurre il tasso di recidiva degli ex detenuti e garantire il loro reinserimento sociale e lavorativo? In questi quattro anni la situazione, se è possibile, si è aggravata.

Un ulteriore dato preoccupante, diretta responsabilità del governo Meloni, è relativo all’esponenziale aumento della popolazione carceraria minorile. L’aumento, in un anno, è stato superiore al 30%. Negli ultimi dieci anni non si era mai raggiunto il numero di ingressi registrato nel 2023, pari a 1.143 unità. Qual è lo scopo rieducativo di inserire minori in carcere, se non quello di non volersene occupare?

Alle torture del Beccaria il Ministro Nordio ha risposto promettendo di inviare nuovi agenti, come se questo servisse a recuperare i giovani ragazzi che sono all’interno del minorile: la soluzione non è reclutare più agenti, ma trovare misure alternative in particolare per chi ha commesso piccoli reati.

Dall’altro lato, si eludono totalmente le misure alternative che le leggi esistenti consentono già di mettere in campo per i detenuti, ovviando così al gravoso problema del sovraffollamento.

Misure alternative utili, anche se evidentemente la destra, in modo miope, evita un approccio da stato di diritto, che è quello dell’articolo 27 della nostra Costituzione, preferendone uno propagandisticamente securitario.

Il rischio reale è che il nostro Paese vada verso una nuova pesante condanna da parte della Corte di Strasburgo per violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, a causa dei trattamenti inumani e degradanti negli istituti di pena.

Sono di nuovo le istituzioni europee che ci mettono (positivamente) con le spalle al muro. Alle prossime elezioni europee poco si parlerà di carcere: l’unico modo per adempiere anche alle nostre leggi, e parliamo anzitutto dell’articolo 27 della nostra Costituzione, è l’impegno di chiedere che tutti i paesi dell’Ue rientrino nella legalità stanziando fondi utili a realizzare partnership pubblico-private per il reinserimento nella società dei detenuti.

Solo così si può andare verso una società più sicura e rispettosa del diritto, considerando che l’unico rimedio alla recidiva dei detenuti – come dimostrano tutte le statistiche – non è segregarli nell’anormalità della vita carceraria, ma integrarli nella normalità della vita sociale.