I rapporti tra la Chiesa e gli ebrei dopo il 7 ottobre
Diritto e libertà
Nel film del 1946 Paisà di Roberto Rossellini, si vedono tre cappellani militari americani venire accolti in un monastero francescano sull’Appennino tosco-emiliano. Inizialmente accoglienti, i monaci si scandalizzano quando scoprono che due dei loro ospiti sono un ebreo e un protestante; così cercano invano di convincere il terzo a convertirli al cattolicesimo in quanto “anime perdute”, e all’ora del pasto decidono di digiunare tutti pur di convincerli.
Questo episodio fa ben capire come i rapporti tra ebrei e cattolici abbiano fatto passi da gigante dal dopoguerra ad oggi: a seguito della pubblicazione del documento Nostra Aetate nel 1965, la Chiesa stabilì finalmente che gli ebrei non erano gli assassini di Gesù, dopo quasi due millenni in cui questa convinzione ha giustificato discriminazioni e persecuzioni. E nel corso dei decenni si sono moltiplicate le iniziative per promuovere il dialogo interreligioso, a cominciare dalle associazioni dell’Amicizia Ebraico Cristiana (la prima venne fondata a Firenze nel 1950, ispirandosi ad un’organizzazione analoga in Francia). Tuttavia, nei mesi successivi al 7 ottobre e allo scoppio della guerra tra Israele e Hamas, si sono verificati diversi episodi che sembrano segnare una involuzione nei rapporti tra le due confessioni religiose.
Uno degli episodi più controversi risale al 22 novembre 2023, quando Papa Francesco ricevette in Vaticano due delegazioni, una israeliana e l’altra palestinese. Dopo l’incontro con la prima delegazione, composta da parenti degli ostaggi israeliani presi da Hamas, alcuni di questi si dichiararono delusi dall'incontro. Soprattutto, in molti sono rimasti sconcertati quando il Papa disse che “questa non è guerra, è terrorismo”, mettendo quindi sullo stesso piano i massacri compiuti da Hamas e la risposta militare dell’IDF.
Oppure quando disse di aver “ricevuto due delegazioni, una di israeliani che hanno parenti come ostaggi in Gaza e un’altra di palestinesi che hanno dei parenti prigionieri in Israele”. Così, metteva sullo stesso piano civili rapiti da un’organizzazione terroristica e detenuti finiti nelle carceri israeliane per aver commesso crimini.
Non sono mancate reazioni forti contro le sue posizioni; la giornalista Lucetta Scaraffia, dal 2012 al 2019 curatrice del mensile Donne Chiesa Mondo (inserto del quotidiano vaticano L’Osservatore Romano), intervistata da Huffpost rimarcò l’importanza della dichiarazione Nostra Aetate e della necessità emersa dopo la Shoah di contrastare l’antisemitismo all’interno della Chiesa. “Questo aspetto fondamentale della teologia è stato completamente dimenticato da Papa Francesco, il quale sull'antisemitismo si è limitato a frasi generiche, rifiutandosi di schierare la Chiesa cattolica in maniera inequivocabile contro l'antisemitismo in tutte le forme in cui si sta presentando. Questo avrebbe dovuto fare Papa Francesco, e non l'ha fatto”, disse la Scaraffia.
Negli ultimi mesi, non si sono contati gli episodi in cui esponenti di spicco del clero cattolico, sia in Italia che all’estero, si sono resi protagonisti di invettive contro gli ebrei e Israele: Johan Bonny, vescovo di Anversa, il 9 novembre 2023 pubblicò una lettera sul sito ufficiale della Chiesa cattolica in Belgio, in cui affermò che secondo l’opinione cristiana, “non c’è alcuna parola di Dio nell’Antico Testamento che dopo la morte e resurrezione di Gesù, possa legittimare un recupero violento o un’espansione militare del cosiddetto ‘paese biblico’”.
Passando all’Italia, alla domanda se Hamas fosse un’organizzazione terroristica, il teologo Alberto Maggi ha risposto: “Dipende dal punto di vista”. Sempre Maggi ha anche detto: “Povera Israele: quasi ottant’anni di spietata occupazione, di ingiustizie, di sopraffazioni, di soprusi, umiliazioni, uccisioni, hanno anestetizzato il suo cuore e resta senza pietà. Povera perché quando ne avrà bisogno non ne troverà”. Da notare che con quei “quasi ottant’anni” collocava l’inizio dell’occupazione non al 1967, quando Israele occupò la Cisgiordania dopo aver sconfitto i giordani nella Guerra dei Sei Giorni, ma al 1948, anno della nascita dello Stato. In altre parole, Maggi intendeva negare la legittimità dell’esistenza stessa d’Israele.
Parole che sono state contestate da Riccardo Di Segni, rabbino capo della Comunità Ebraica di Roma, nel corso della 35ma Giornata del dialogo tra cattolici ed ebrei, che il 17 gennaio 2024 ha visto vari esperti dibattere alla Pontificia Università Gregoriana. “Non avete il monopolio della pace”, ha dichiarato Di Segni. “Anche noi vogliamo la pace ma dipende da che pace è. Chi fa il male deve essere sconfitto, questo dev’essere chiaro. Non si può mettere sullo stesso piano chi sta soffrendo per un abuso incredibile e chi cerca di eliminare la ripetizione di questo abuso”.
Nel chiudere il suo discorso, il rabbino Di Segni sottolineò che “non si deve ricominciare daccapo, ma si devono riprendere le fila del discorso”. Inoltre, lanciò un “messaggio di riflessione” alla comunità cattolica, per “riparare questa frattura che si è creata”.