Antisemitismo in provetta. Un donatore di sperma rifiutato perché ebreo
Diritto e libertà
Da oltre un anno Jay Lazarus, un parrucchiere ebreo omosessuale che vive nella città di Perth, in Australia, si stava accordando con una coppia lesbica della regione del Queensland per donare il proprio sperma affinché potessero avere un figlio.
Ma dopo mesi di test clinici e trattative in cui tutto sembrava andare secondo i piani, di colpo le due donne hanno deciso di rifiutare la donazione. Il motivo? A causa dello scoppio della guerra tra Israele e Hamas, la coppia non voleva accettare lo sperma di un ebreo.
Le trattative erano iniziate nell’ottobre 2022, e si erano protratte per mesi in quanto le leggi australiane sulla fecondazione assistita sono molto rigide, soprattutto per quanto riguarda la salute del donatore. Nel settembre 2023, le due parti avevano raggiunto un accordo, e lo sperma di Lazarus era stato congelato in attesa di ulteriori esami. Ma dopo il 7 ottobre questi ha ricevuto un messaggio dalle due donne che gli spiegavano di essere rimaste influenzate da quello che stava succedendo in Medio Oriente.
Per la precisione, gli hanno detto: “non siamo in grado di gestire parti della tua identità in questo rapporto di donazione”, nel senso che non volevano accettare lo sperma di un ebreo.
Lazarus ha raccontato questa storia il 9 gennaio sul proprio profilo Instagram, condividendo anche gli screenshot dei messaggi ricevuti. Ha spiegato che gli ci sono volute settimane per digerire l’accaduto, incerto nei primi tempi se raccontare o meno ciò che è successo. Ma poi ha concluso che doveva condividere ciò che aveva imparato da questa esperienza.
“Il pregiudizio è ancora pervasivo, anche in ambienti progressisti che predicano ‘bontà e amore’”, ha scritto su Instagram. “Stiamo vivendo in un’epoca con richiami inquietanti delle ideologie della purezza razziale che un tempo hanno alimentato la Shoah. […] L’antisemitismo non è solo una reliquia del passato ma un pregiudizio vivo, che persiste ancora oggi”.
Ha aggiunto che “questa coppia ha scelto una strada, e anche se non posso cambiare la loro opinione, mi rifiuto di lasciare che ciò svilisca il mio orgoglio o di perdere la speranza. Sono orgoglioso di essere gay, orgoglioso di essere ebreo, e orgoglioso di schierarmi contro l’odio. L’amore vince, e continuerò ad abbracciare pienamente la mia identità e a sperare in un futuro dove l’accettazione e la comprensione prevarranno”.
Purtroppo il razzismo dimostrato dalle due lesbiche australiane non rappresenta un caso isolato, ma rientra in un contesto più ampio: sebbene Israele sia il paese più accogliente per gli omosessuali in Medio Oriente (nel dicembre 2023, la Corte Suprema israeliana ha concesso alle coppie dello stesso sesso il diritto di adottare dei bambini), nel mondo dell’attivismo LGBTQ non mancano sigle ed esponenti che prendono posizione contro lo Stato Ebraico, nonostante i gay palestinesi vengano perseguitati nei Territori e cerchino spesso di fuggire in Israele in cerca di protezione.
Questo è dovuto al fatto che in molti ambienti di estrema sinistra, gli ebrei vengono considerati una categoria “privilegiata” come i bianchi, i maschi e gli eterosessuali, e in quanto tale da combattere. Un modo di pensare che è stato recentemente denunciato da Magen David Keshet Italia (MDKI), unica organizzazione LGBTQ ebraica italiana, che in un comunicato ha puntato il dito contro quelle organizzazioni che negli ultimi mesi “non solo proiettano i peggiori pregiudizi antisemiti su Israele in quanto maggiore collettività ebraica del mondo, ma falliscono nel differenziare le nostre identità ebraiche dalle politiche del governo israeliano”.
MDKI ha dichiarato inoltre che per alcune organizzazioni LGBTQ è ormai un luogo comune “non considerare le persone ebree come una minoranza svantaggiata, ma avvalersi dei più antichi stereotipi antisemiti che la dipingono detentrice di un presunto ‘privilegio ebraico’”.