"Il personale è politico" è uno storico slogan femminista, che meglio di altri esprime anche una essenza peculiare della storia e della differenza radicale, che ha contrassegnato in modo del tutto caratteristico le battaglie sui diritti civili: da quella sul divorzio, a quella sull’aborto, per giungere all’eutanasia e, a ben guardare, anche alla battaglia per una "giustizia giusta" e una "umana galera".

Il “personale” di Pannella e dei radicali è sempre stato in primo luogo “corporale”. E proprio il corpo – il suo diritto, il suo bisogno, il suo desiderio – è stata la dimensione politica personale più tutelata e più consacrata dai radicali al valore della libertà e quindi del diritto.

L’apparente paradosso è che questo interesse per la vita personale sembra caratterizzare anche i regimi e i pensieri totalitari. Ne "la scuola dei dittatori" di Ignazio Silone, Tommaso il cinico descrive come nella dittatura lo Stato cerchi il controllo più totale dell'individuo, anche intromettendosi in quanto di più privato esista: a partire dalla pressione del fascismo sull'"amore", tramite l'imposta sui celibi, la messa fuori legge degli anticoncezionali e i premi in danaro per le madri prolifiche.

Ma se i regimi totalitari fanno entrare lo Stato nel privato – spossessando la vita della sua dimensione più personale e, per così dire, “collettivizzandola” – il pensiero radicale ha fatto irrompere il personale nella politica, proprio per preservare l’intangibilità della dimensione privata, che è inviolabile, non perchè sia segreta, ma perchè personale.

Si può, forse, dire che la politica radicale si è occupata del personale proprio perché lo Stato la smettesse di occuparsi del "privato". “Il personale è politico, ma il privato non è pubblico” sintetizzerà anni dopo Emma Bonino. E in questa difesa, la dimensione corporale è il confine decisivo della resistenza libertaria contro le pretese dello Stato totalitario. La lotta per la liberazione civile degli uomini e delle donne, per i radicali, è stata sempre e in primo luogo una battaglia contro la “statalizzazione” morale e materiale dei loro corpi.

Quando Pannella rivendicava di avere conquistato il divorzio contro i comunisti e non solo contro i democristiani, intendeva esattamente questo: essere riuscito ad affrancare l’Italia, su una battaglia di diritto specifica e scandalosa, dall’idea che i diritti umani – anche nella loro dimensione più interiore e personale – avessero come soggetto e oggetto di diritto il “popolo” e non gli “individui”.

Infatti al PCI che diffidava della battaglia sul divorzio per evitare di contrapporre masse comuniste e cattoliche, Pannella opponeva l’immagine di Argentina Marchei, una vecchia trasteverina comunista, animatrice delle battaglie della LID, festeggiando accanto a lei l’approvazione della legge sul divorzio con il cartello: “Argentina Marchei ha vinto, Paolo VI ha perso”.

Il rischio dello Stato etico incombe su ogni scelta in cui il potere pubblico rivendichi il controllo degli uomini, attraverso il controllo dei corpi. Anche in ambiti apparentemente lontani dai valori e dalle convinzioni personali. Dalla battaglia contro lo sterminio per fame, a quella attualissima sulle condizioni di vita dei detenuti nelle carceri tutte portano in realtà lo stesso segno delle battaglie sui cosiddetti diritti civili.

Ma il primo passo di questo cammino fu proprio quello compiuto sul divorzio, grazie a Pannella, a Spadaccia, al socialista Fortuna, al liberale Baslini e grazie anche e soprattutto a Mauro Mellini, che diedero un oggetto specifico alla battaglia anti-concordataria dei radicali e una rappresentazione evidente della potenza della rivolta libertaria non solo contro il confessionalismo, ma anche contro lo statalismo morale.

@carmelopalma