zingaretti grande

Il diritto dei migranti in Italia è disciplinato secondo un modulo alternativo: ce ne occupiamo - si fa per dire - quando sono sequestrati da Salvini oppure, se al governo sono gli altri, quando il numero dei tentati suicidi sui barconi diventa un po’ imbarazzante. E nei due casi - non importa se nel freddo d’inverno, che dopotutto li tiene arzilli, o sotto la calda bellezza del sole nostrano, che tanto non gli fa male perché sono negri - nei due casi ugualmente noi li lasciamo al largo di fronte all’identica chiusura dei porti, uno dei più mirabili segni distintivi del populismo xenofobo con innesto progressista.

Questa nobile politica si realizza una volta per difendere i sacri confini della patria e un’altra volta in omaggio a qualche presunta esigenza sanitaria, ma ogni volta nell’identico spettacolo di un Paese incivile che probabilmente sarebbe più misericordioso se su quelle tinozze ci fossero vacche e capre anziché donne e bambini.

In questo bel clima, mentre il capo della Lega si mangia le mani perché la sinistra lo ha sostituito nel favoreggiamento del potere neofascista dei 5 Stelle e gli ha sottratto l’esclusiva dei respingimenti, il segretario del Pd, bello paciarotto (quassù a Milano diciamo così, bel paciaròtt, per indicare la morbida tranquillità di una complessione rotonda, senza troppi pensieri), t’inventa il suo capolavoro social e, appresa la notizia che da qualche parte nel mare c’è un carico di disperati che al dodicesimo giorno e dopo non si sa più quanti tentati suicidi ottiene il diritto di non crepare davanti alle rive dove gli italiani pucciano il cocò dei loro bambinelli bianchi, se ne esce così: “Bene #OceanViking”.

Bene cosa, di grazia? Che li hanno liberati da qualche imponderabile cattiveria? Il sospetto che se ne stessero lì non per caso, ma perché è mantenuta in purezza la truce legislazione approvata durante il potere della precedente maggioranza, che anzi questo governo guarnisce con ulteriori preziosità discriminatorie, evidentemente non turba le floride compostezze democratiche di Nicola Zingaretti.

Il quale, all’accostarsi del prossimo carico di derelitti metterà in pausa il profilo Twitter per il tempo necessario (una settimana? Due? Quattro?) fino al giorno del dissequestro nella speranza che un’altra volta andrà “bene”, vale a dire quando un’altra volta prenderemo per i capelli la vita di uomini, donne e bambini che le nostre pratiche, non chissà quale disegno estraneo, mettono a rischio. E se poi circolerà la foto dell’ennesimo pezzo di carne affogato andrà bene lo stesso, perché non fa notizia l’immigrato che muore sottraendosi alle opposte propagande del disinteresse nazionale.

@iurimariaprado