Gratteri grande

Gratteri è un magistrato eccezionale, non lo dimostrano solo gli ultimi arresti – 300 – da lui richiesti ed ottenuti a Vibo Valentia ma trent’anni di attività di Procura sempre in prima linea e sempre a rischio, tutta spesa nella lotta senza quartiere al fenomeno criminale calabrese. Eccezionale, quindi, è il suo lavoro, eccezionali i suoi obiettivi, eccezionale il suo/nostro Nemico (la 'ndrangheta). È dunque un’eccezione che, come tale, nell’emergenza intimamente vissuta, non può che trascendere i limiti del diritto in tempo di pace per debordare nella rappresentazione di una guerra (non dichiarata ufficialmente) da vincere a tuti i costi, per il bene della Calabria, di una Regione che il Procuratore Gratteri, come ha recentemente dichiarato, vorrebbe smontare e rimontare come un lego.

L'eccezione - come è noto - rompe gli argini della Norma-Normalità e si appella ad uno nuovo Ordine, ad un nuovo assetto. Gratteri - da "magistrato in trincea” (Calabria come Colombia, dunque) ha da tempo deciso di vivere e lottare in questo "stato di eccezione" ed ecco perché gli arresti sono a centinaia, ecco perché le operazioni di Polizia Giudiziaria assomigliano a una rappresaglia, ecco perché la responsabilità personale sembra obliata e confusa nella responsabilità di gruppo e di popolo, ecco perché il PM diventa subito Giudice e i brogliacci di polizia sono Sentenza, ecco perché ogni critica diviene automaticamente "intelligenza" con il Nemico, come nel caso dei giornalisti colpevoli di non aver dato giusto risalto mediatico agli arresti dell’ultima indagine “Rinascita Scott” e subito offerti - via social - al pubblico ludibrio attraverso la diffusione del dubbio sottile sulle ragioni di un “buco giornalistico” attribuito all’intervento di Direttori poco attenti (o complici), ai quali, evidentemente, data la gravità dell’accaduto, i proprietari dei giornali – secondo Gratteri – dovrebbero con preoccupazione chiedere subito conto. Gratteri, ovviamente, ha ragione, è nel Giusto!

Sgombriamo il campo da facili critiche e timori: qui non si disquisisce sulla necessità impellente per la Calabria di liberarsi dal cancro mafioso, né si propone ovviamente una scelta di campo perché il campo delle persone per bene, tante anche in Calabria, è lo stesso di quello di Gratteri, è quello giusto. Ma proprio per questo, proprio per questa Giustizia sostanzialistica così evidente che spinge l'Uomo Perbene a gioire gridando "buttate le chiavi !" ad ogni misura cautelare richiesta dal Giudice/Salvatore e illuminato, proprio per questo è necessario per chi se la sente - in scienza e coscienza - contraddire, nella critica documentata a tutela dei diritti, la Ragion di Stato, prendere parte, sempre, per lo Stato di Diritto, per le forme e per le garanzie (che non possono essere messe da parte), per il principio di non colpevolezza fino a sentenza definitiva (che non necessita di “anticipazioni” mediatiche), per la finalità non vendicativa della pena, per il buon senso "religioso" del "nessuno tocchi Caino", per il ruolo costituzionale della difesa, per la separazione delle carriere, contro la spettacolarizzazione giornalistica delle inchieste e contro il silenzio che accompagna, dopo anni, le sentenze di assoluzione che riportano in vita Abele.

Anche così si affronta la 'ndrangheta: rappresentando, nel Diritto, la completa alterità alle sue regole di violenza, non cedendo alla logica di potere/vittoria che è pronta a sacrificare gli innocenti sul proprio cammino di Giustizia. Vale sempre, infatti, l'antico brocardo caro ai giuristi più attenti al destino del Singolo: Summum Ius, Summa Iniuria.