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Ogni vicenda può avere la sua morale e anche quella, piuttosto banale, di un chiosco per la somministrazione ubicato all’interno di un parco pubblico consente di trarne una. E non ha a che fare con l'ordinaria mala gestio dei beni di proprietà pubblica, ma con il modo nel quale può essere esercitato il potere giurisdizionale nel nostro paese.

Raccontare la sequenza di atti adottati dal Comune di Roma e delle pronunce della giustizia amministrativa sviluppatasi in 6 anni in ordine ad una vicenda piuttosto banale come quella esposta di seguito consente di rilevare come la questione della cosiddetta responsabilità erariale – che si è abituati ad associare a condotte irregolari ed inadempienze dei dipendenti della Pubblica Amministrazione – debba essere presa in considerazione anche rispetto all’ordinario funzionamento di una giustizia amministrativa oggettivamente irresponsabile.

Nell’area verde di piazza Loriedo a Roma, all’inizio degli anni 2000 è stato realizzata una struttura commerciale sulla base di un accordo tra l’Amministrazione ed il suo gestore che prevedeva la realizzazione di una recinzione e la successiva cura e la manutenzione dell’area e degli arredi presenti. L’accordo risale al 2004. Dopo alcuni anni dalla conclusione dei lavori, nel novembre del 2012, il Municipio territorialmente competente ha contestato la realizzazione di abusi edilizi e ne ha ordinato la demolizione. Sulla fondatezza e la validità di questo provvedimento - dopo numerosi rinvii connessi alla mancata consegna delle risultanze della perizia tecnica richiesta dai giudici – il TAR si è espresso dando ragione all’Amministrazione con la sentenza n. 6064 soltanto il 24 maggio 2016. 

Alla realizzazione degli abusi edilizi da parte del concessionario si è aggiunto, poi, un altro grave inadempimento: la società gestrice, che aveva ottenuto due mutui garantiti dall’Amministrazione per realizzare il costoso intervento edilizio, ha iniziato a non pagare le rate previste per la restituzione delle somme prestate. Con questa condotta il concessionario ha esposto l’Amministrazione al rischio di dover subentrare nei rapporti con l’istituto mutuatario così come previsto nella Convenzione stipulata tra il Comune di Roma e la Banca di Credito Cooperativo di Roma che regolava la concessione di mutui per la sistemazione e la gestione di aree verdi presenti nel territorio comunale.

Per questa ragione, ed anche alla luce del parallelo contenzioso amministrativo connesso alla realizzazione degli abusi edilizi precedentemente richiamato, il Dipartimento Tutela Ambientale, nel novembre del 2015, ha disposto la revoca del rapporto convenzionale intimando alla Società di rilasciare il compendio immobiliare. Anche rispetto a questo provvedimento il TAR si è pronunciato respingendo il ricorso presentato dalla società con la sentenza n. 12728 del 21 dicembre 2016.

In relazione a questa sequenza di atti e di pronunciamenti giurisdizionali il Municipio territorialmente competente, nel mese di luglio del 2016, ha provveduto a revocare l’autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande intestata alla società relativa all’attività commerciale ubicata all’interno di Piazzale Loriedo. Anche contro questo provvedimento la società ha presentato un ricorso al TAR che è stato rigettato – così come la successiva istanza cautelare presentata al Consiglio di Stato – con la sentenza n. 6851 del 7 marzo 2017.

Dalle cronache si apprende che sono stati apposti i sigilli all’attività commerciale e dopo una mobilitazione di gruppi di cittadini della zona l’area verde all’interno della quale si trova il chiosco è stata riaperta al pubblico.  La vicenda sembra potersi chiudere in questo modo salvo attendere, necessariamente, i procedimenti amministrativi preordinati ad una piena rifunzionalizzazione dell’area e dell’immobile che si trova al suo interno ed una rimozione delle trasformazioni abusive realizzate.

Ma la lunga scia di ricorsi, ordinanze e sentenze che i provvedimenti amministrativi – anche quando non sono articolati e complessi come quelli adottati nel corso degli anni dall’amministrazione capitolina – non è finita qui. La società ha presentato, infatti, ricorso dinanzi al Consiglio di Stato per ottenere l’annullamento e/o la riforma delle due sentenze sopraricordate con il quale il TAR ha sancito la natura abusiva di una parte delle opere realizzate e ha ritenuto legittima la decisione di intimare il rilascio del compendio immobiliare stante la condizione di morosità nei confronti dell’istituto di credito del concessionario.

E a distanza di circa 30 mesi dall’adozione della Determinazione Dirigenziale del Dipartimento Tutela Ambientale, e a quasi 4 anni e mezzo dall’ingiunzione dell’ordine di demolizione delle opere abusive da parte del Municipio, lo scorso 15 marzo, il Consiglio di Stato ha riunito i due ricorsi e ha stabilito che non può pronunciarsi nel merito. Con l’ordinanza n. 02251/2018 il Consiglio di stato ha disposto, da una parte, un’ennesima verifica tecnica sulla natura abusiva degli interventi edilizi contestati affidandola al Provveditorato interregionale per le opere pubbliche, e dall’altra ha promosso lo svolgimento di una sorta di indagine conoscitiva sulle concessioni/convenzioni che il Comune ha rilasciato per la gestione di aree verdi “dal 2004 ad oggi, e nei cinque anni precedenti”.

La Sezione Sesta del Consiglio di Stato ha, infatti, chiesto alla Direzione Gestione territoriale ambientale e del verde del Comune di Roma di trasmettere una relazione nella quale chiarisca se nel periodo in questione (gli ultimi 20 anni) l’Amministrazione abbia concluso altre convenzioni aventi come oggetto la gestione e la manutenzione di aree verdi, e “dica se nella prassi” la realizzazione delle opere eventualmente previste sia state autorizzate con titoli edilizi diversi e ulteriori rispetto alla convenzione ovvero dai provvedimenti di approvazione della convenzione ovvero dei progetti da essa contemplati “e alleghi copia”.

Per sapere, dunque, se un concessionario che ha realizzato opere abusive - la realizzazione di un bar nel piano interrato non era prevista dal progetto qualunque sia il titolo con il quale è stato approvato e qualunque sia il modo con il quale sono stati approvati i progetti relativi ad altri chioschi - e che non onora il pagamento delle rate dei mutui garantiti dall’Amministrazione possa continuare, o meno, ad esercitare un’attività commerciale su un’area pubblica, bisognerà attendere i risultati di questa, a dir poco farraginosa, indagine conoscitiva.

Così va la giustizia amministrativa specialmente se si continuerà a ritenere meritevole di considerazione (giornalistica e non solo) soltanto il danno erariale determinato da funzionari e/o amministratori inadempienti o corrotti, e non anche quello connesso ad un uso disinvolto e tecnicamente irresponsabile del potere giurisdizionale. E da questo punto di vista non fa certo ben sperare il fatto che tra gli argomenti disposti in ordine alfabetico nel contratto tra Lega e Movimento 5 Stelle alla base del Governo di Giuseppe Conte non è possibile rintracciare neanche la pur minima menzione della giustizia amministrativa.

E quanto alla Pubblica Amministrazione non è tra le cose che - come ha sottolineato enfaticamente il Presidente del Consiglio nel suo intervento al Senato – grazie al contratto è destinata a cambiare. Nell’illustrazione delle linee programmatiche del suo Governo al Senato, il Presidente del Consiglio ha fatto riferimento alla “Pubblica Amministrazione” solo 5 volte per parlare di “Daspo per i corrotti e corruttori”, di “agenti sotto copertura”, dei “creditori” e dei troppi Sergio Bramini “creati in questi anni dai Governi del PD” ed infine per formulare il solito ed immancabile wishful thinking: “Ci proponiamo di creare per loro (piccoli imprenditori, professionisti, commercianti, artigiani) “un ambiente favorevole, in modo che la pubblica amministrazione non sia un avversario da cui difendersi, ma un alleato con cui cooperare”.