aulauniversitaria

Il comunicato stampa della Guardia di Finanza è allarmante: "Il Comando Provinciale di Firenze ha eseguito 29 provvedimenti cautelari personali nei confronti di docenti universitari (7 agli arresti domiciliari e 22 interdetti allo svolgimento delle funzioni di professore universitario e di quelle connesse ad ogni altro incarico assegnato in ambito accademico per la durata di 12 mesi) per reati di corruzione".

"L'indagine ha preso le mosse dal tentativo di alcuni professori universitari di indurre un ricercatore, candidato al concorso per l’Abilitazione Scientifica Nazionale nel settore del diritto tributario, a ritirare la propria domanda, allo scopo di favorire un terzo soggetto in possesso di un profilo curriculare notevolmente inferiore".

La notizia è giustamente sulle prime pagine di tutti i quotidiani e il sindaco di Firenze, Dario Nardella, ha dichiarato: "Fatto sorprendente che deve far riflettere sulla situazione dell'Università oggi". Sui social la condanna dei commentatori è trasversale e unanime: basta con la casta dei professori, bisogna smettere di gettare soldi pubblici nel pozzo senza fondo di un’istituzione che non conosce trasparenza né merito. Ci vorrà del tempo prima che le indagini si concludano e che la giustizia faccia, eventualmente, il suo corso. Nel frattempo, a beneficio di giornalisti, politici, studenti e pubblico in genere, è bene fare delle distinzioni.

1) La "situazione dell'università oggi" non è quella che sottintende il sindaco di Firenze nella sua dichiarazione disinformata e sibillina. L'università è un'istituzione chiave per la crescita e lo sviluppo del paese e ciò nonostante è gravemente sottofinanziata. Ma soprattutto, è sempre più governata da procedure, decisionali e di reclutamento, meritocratiche e trasparenti. Non sostengo sia tutto perfetto e che l'università sia una casa di vetro, ci mancherebbe. Sostengo che le cose stiano migliorando molto. La meritocrazia nell'università esiste ed è prevalente nella maggior parte dei settori, anche se chi è all’esterno non lo sa, non lo vede o non lo vuol vedere.

2) Il settore scientifico-disciplinare oggetto delle indagini, "Diritto tributario", è un piccolo feudo governato da dinamiche che nulla hanno a che fare con la ricerca scientifica e profondamente avulso dal resto dell'università. Il fatto che nell'accademia italiana ancora esistano territori di questo tipo (peraltro sistematicamente concentrati in determinate aree meno internazionalizzate in cui l’attività accademica si mescola con quella professionale) certo non ci fa onore. Ma sono sempre di meno e sempre meno importanti. L'università sta cambiando, i "baroni" sono una specie in via di estinzione e il reclutamento dei nuovi ricercatori è molto più trasparente che in passato.

3) L'Abilitazione Scientifica Nazionale (da ora in poi ASN) – che secondo le accuse gli indagati tentavano di manipolare – non è un concorso né ha a che fare con l'insegnamento, come hanno affermato la Guardia di Finanza e la totalità dei quotidiani. L'ASN attribuisce un’idoneità "scientifica" in virtù della quale i candidati possono partecipare ai concorsi da professore universitario. Ma anche senza abilitazione, e perfino senza essere ricercatore universitario, è possibile insegnare all'università. Per esempio mediante contratti temporanei di insegnamento, che durano in genere un semestre.

4) Insieme al ricambio generazionale, all'internazionalizzazione e alla valutazione della ricerca, l'ASN è uno dei più importanti fattori di trasparenza nel reclutamento, perché stabilisce alla luce del sole una soglia minima di qualità scientifica sotto alla quale i candidati non possono partecipare ai concorsi. Le sue procedure sono pubbliche e integralmente e ordinatamente pubblicate sul sito dedicato, al punto che tutti, da tempo, potevano farsi un'idea sulla trasparenza del settore oggi incriminato. Senza l'ASN le cose andrebbero molto peggio, e i cosiddetti "baroni" potrebbero orientare il reclutamento senza bisogno di esporsi tanto da suscitare indagini clamorose. In altri settori, come per esempio Economia Politica e Fisica Teorica, l'ASN è una procedura impeccabilmente trasparente ed è prodromica di concorsi più equi ed efficienti. Prima dell’ASN ai concorsi poteva partecipare – e vincere – una vasta platea di ricercatori allergici alla ricerca, che avevano come unico merito la fedeltà a qualche membro di qualche commissione giudicatrice. Oggi quel genere di candidato non può neanche partecipare, perciò le chance di successo per i ricercatori brillanti sono molto più elevate. O almeno sarebbero molto più elevate a parità di finanziamento rispetto al passato. Già, perché non è molto utile che i concorsi siano più trasparenti, se poi non ci sono le risorse per bandire nuovi concorsi.

5) L'ASN è legata al concetto di "valutazione della ricerca". È possibile stabilire se un ricercatore meriti l'idoneità oppure no perché è possibile valutare se la sua ricerca è stata condotta in modio serio, continuativo, consistente e rigoroso, oppure no. È possibile ma non è facile. La valutazione e l'ASN sono perfettibili e richiedono tanti miglioramenti, ma non per questo sono da buttare. E soprattutto non sono da buttare perché alcuni docenti in alcuni settori provano a manipolarle nello stesso modo in cui prima manipolavano i concorsi.

6) È scontato che alcuni accademici ultraconservatori, di quelli che vorrebbero retrocedere l'università allo stato feudale in cui versava decenni fa, stiano sfruttando le indagini in corso per mettere alla berlina la valutazione e l'abilitazione nei propri forum. Vogliono tornare indietro, perché a loro conviene. Valutazione e abilitazione sono strumenti fondamentali per la trasparenza del reclutamento e dobbiamo difenderle e migliorarle, non sabotarle.

L’ASN e i concorsi trasparenti, però, sono una soluzione di ripiego. Ancora meglio sarebbe abolire i concorsi. I dipartimenti dovrebbero competere sul mercato per assicurarsi i candidati migliori, e le commissioni dovrebbero essere pienamente responsabili del reclutamento. Si vuole assumere il figlio del Rettore? Bene, ma se questi poi si rivela un brocco, ai commissari, al dipartimento e all’ateneo devono essere tagliati i fondi di ricerca. La quota di finanziamento statale attribuita sulla base della produzione scientifica deve salire dal 22% attuale al 100%. Così chi oggi assume professori improduttivi domani non avrà i soldi per assumerne altri, e nemmeno per far funzionare il dipartimento.