lorenzin

Immaginate se tutta la campagna per la prevenzione dei tumori fosse giocata sul senso del dovere. Se si dicesse: “Chi non si sottopone allo screening per il tumore del colon è un pazzo irresponsabile!” o “La mammografia è obbligatoria per essere iscritte all’INPS o a qualunque altro ente previdenziale”. Se la motivazione per cui sottoporsi al disagio di una colonscopia o al rischio di radiazioni di una mammografia fosse che chi non si sottopone a controlli regolari rischia di avere una diagnosi di cancro quando la malattia è più avanzata, aumentando i costi per tutta la società. Chi lo farebbe? Chi ha smesso di fumare per queste ragioni? Forse qualcuno può aver spento l’ultima sigaretta per proteggere i propri cari, ma raramente, credo, per il bene della società intera.

Ecco, il danno del recente decreto Lorenzin sull’obbligo, l’effetto che temo non potrà essere sanato da nessun emendamento parlamentare, e forse nemmeno ormai da un eventuale affossamento della legge, è stato quello di sancire definitivamente questo approccio nella strategia di promozione delle vaccinazioni.

In poco più di un anno il taglio della narrazione sull'argomento, il "framing" della comunicazione, come diciamo in gergo, è stato completamente capovolto. L'accento è stato spostato dal diritto alla salute al dovere civico. Invece di sottolineare che grazie ai nuovi LEA (i Livelli Essenziali di Assistenza garantiti su tutto il territorio nazionale), ogni famiglia dovrebbe poter disporre gratuitamente di tutti i mezzi raccomandati per proteggere i propri figli, si insiste sul dovere di affrontare un seppur minimo rischio a vantaggio della comunità, a protezione di ipotetici, o rarissimi, bambini leucemici che nessuno ha visto frequentare gli asili nido.

La parola chiave di questa comunicazione è l’obiettivo di raggiungere l'ormai famosissimo "effetto gregge". Si insiste moltissimo su questo meccanismo di barriera che protegge le persone non immuni nel corso di un'epidemia, cercando di sorvolare sul fatto che questo fenomeno non si produce con tutte le vaccinazioni (penso al tetano o all'antipolio attualmente in uso in Italia), né in uguale misura o con la stessa evidenza che per il morbillo, usato impropriamente come paradigma di malattie molto diverse tra loro.

Se ci fosse un’epidemia in corso percepita come grave dalla popolazione, se si avvertisse una vera emergenza, forse sarebbe diverso. Ma la flessione di pochi punti percentuali di una linea che indica la percentuale di bambini vaccinati in un grafico non può essere vissuta come una minaccia dalla popolazione. Né un numero di casi di morbillo preoccupante, ma pur sempre inferiore a quelli del passato e, soprattutto, riguardante una malattia che perfino da molti medici è erroneamente ancora considerata “una normale malattia esantematica dell’infanzia”.

L'insistenza sul tema della immunità di gruppo e, ancor di più, l’uso imperterrito dell'espressione "immunità di gregge", che evoca una massa di pecoroni alla mercé di chi li conduce, può avere presa in una società in cui il senso della collettività e del bene comune è fortissimo, cosa che non pare di ravvisare nell'Italia del 2017. Pretendere che persone convinte, o timorose, di poter danneggiare un figlio, affrontino quello che vivono come un forte rischio a esclusivo vantaggio della comunità sembra una follia antistorica. Poteva forse funzionare con le campagne antipolio degli anni Cinquanta, quando però era anche sotto gli occhi di tutti il destino a cui ciascun bambino poteva facilmente andare incontro. Oggi no. Oggi questo linguaggio può fare presa su una élite caratterizzata da un forte senso del dovere, che sogna un Paese scandinavizzato, che si sente gratificata dal raccogliere in maniera scrupolosamente differenziata i rifiuti o pagare fino all'ultimo euro di tasse. Per la maggioranza però non è così. La maggioranza guarda al proprio cortile quando si parla di un inceneritore, immaginiamoci quando si parla della salute dei figli.

Invece bisognerebbe insistere sul fatto che vaccinare i figli è una delle cose più importanti che si possono fare per la loro salute. Il paradosso dell’esavalente lo dimostra. Fino al momento del decreto, infatti solo quattro delle componenti del primo vaccino che si fa ai neonati erano obbligatorie, mentre quelle che proteggono dalla pertosse e dalla meningite da emofilo erano solo raccomandate. Eppure il rischio di queste due malattie, per un bambino piccolo che vive in Italia, è sicuramente maggiore e grave. Se fossi un genitore scettico sulle vaccinazioni, che ha paura di dare troppi stimoli immunitari ai figli (cosa che non ha senso, ma sorvoliamo su questo), chiederei queste due più delle altre. Ma siccome erano gli altri quattro vaccini a essere obbligatori, si chiedeva di poterli ricevere isolatamente. Allo stesso modo, oggi, rischia di passare il messaggio che la vaccinazione anti pneumococco o anti HPV siano meno importanti, perché escluse dal lungo elenco dei 12 vaccini divenuti obbligatori.

D’altra parte, per poter giustificare un obbligo di legge che superi la libertà individuale, era indispensabile, anche eticamente, prospettare un interesse comune superiore a quello del singolo. “La mia libertà finisce dove inizia quella degli altri”, si dice. In tal modo, però, si è spostata l’attenzione dal “diritto” al “dovere”. Un cambiamento di paradigma che inevitabilmente scatena reazioni, anche esagerate, come le manifestazioni di piazza che chiedono “libertà” sotto la nuova sigla di “freevax”. 

Prendetevela, genitori, questa libertà, perché è giusto, ma poi vaccinate i vostri figli, non perché vi costringono, ma per il loro bene. Chiedete il diritto di avere servizi vaccinali efficienti su tutto il territorio nazionale, un’unica anagrafe computerizzata, personale competente anche nella comunicazione alle famiglie, risposte precise e oneste a tutte le vostre domande, qualcuno che vi ricordi gli appuntamenti, ché non avete da pensare solo alle vaccinazioni. Chiedete anche totale trasparenza e un organismo indipendente dalle aziende che faccia da consulente tecnico per le politiche vaccinali. Chiedete tutto, è un vostro diritto.

Ma poi ignorate l'obbligo, le multe, la sospensione della patria potestà. Fate finta di non aver sentito nulla. Tappatevi le orecchie, e vaccinate i vostri figli, per tutte le vaccinazioni raccomandate, nei tempi e nei modi stabiliti per garantire loro la massima protezione con il minimo disagio. Fatelo per loro, come quando vi preoccupate di quel che gli date da mangiare per garantirgli maggior salute da grandi. Non per dovere, ma perché è il meglio per loro. È un loro diritto fondamentale, come avere una casa e un’istruzione. Un diritto, non un dovere.