Il Consiglio dei ministri ha recentemente approvato, in via definitiva, un decreto legislativo in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto di alcuni reati.

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Il provvedimento dà attuazione alla legge n. 67 del 2014, con la quale era stata conferita delega al Governo di provvedere ad escludere la punibilità di condotte sanzionate con la sola pena pecuniaria o con pene detentive non superiori nel massimo a 5 anni, quando risulti la particolare tenuità dell'offesa e la non abitualità del comportamento. Viene, però, fatta salva la possibilità di esercitare l'azione civile per il risarcimento del danno.

La citata previsione è di ampio respiro e, a titolo meramente esemplificativo, si evidenzia che essa è applicabile a numerosi reati contro il patrimonio (danneggiamento ex art. 635 c.p. ecc.) e a taluni delitti contro l'inviolabilità del domicilio, in particolare a quello disciplinato nell'art. 614 c.p. Pertanto, dall'entrata in vigore del decreto legislativo in parola, chi si introdurrà e si tratterrà nell'abitazione altrui - o in altro luogo nel quale vengono svolte attività della vita privata - ovvero nei luoghi accessori a quelli di abitazione e dimora privata, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, non verrebbe più sanzionato con la pena della reclusione ricorrendo i presupposti di tenuità del fatto.

L'interesse tutelato dalla norma codicistica è la cosiddetta libertà domestica, contro tutte quelle condotte che impediscono al soggetto di estrinsecare liberamente la propria personalità all'interno della dimora e la maggior tutela verrebbe riservata, seppur in misura residuale, nell'eventualità in cui l'autore abbia agito per motivi futili, crudeli, in violazione del sentimento di pietà per gli animali, sevizie o approfittando di condizioni di minorata difesa della vittima.

E' necessario porre in evidenza che la nuova disposizione appare in conflitto con quanto stabilito dall'articolo 52 del codice penale. Infatti, in tema di legittima difesa, perché sussista l'esclusione della punibilità, oltre all'attualità del pericolo di un'offesa ingiusta ad un diritto proprio od altrui, non deve comunque sussistere sproporzione tra difesa ed offesa contro l'aggressore. Orbene, con la novella di cui alla legge n. 59/'06 è stata introdotta una presunzione assoluta - iuris et de iure - di esistenza di tale proporzionalità quando, in caso di violazione dell'articolo 614, una persona presente nel domicilio violato usi un'arma legalmente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere la propria o altrui incolumità. Invece per la tutela dei beni la citata presunzione di proporzionalità sussiste solo quando la sopramenzionata difesa viene attivata a seguito di mancata desistenza o sussista pericolo di aggressione.

Se dunque, detto in termini più prosaici, una reazione "armata" a questo tipo di violazione si considera giuridicamente proporzionata, si può considerare particolarmente tenue - sia pure, solo in alcune ipotesi - la violazione stessa? Non c'è una evidente contraddizione? Il dibattito è aperto. Soprattutto, si attendono chiarimenti.