Il Cuore - e ciò emerge in tutta l'enciclica "Dilexit nos" di Francesco - è un organo riassuntivo: dice di un tutto complesso manifestandone il senso più profondo. Per questo il Cuore è verità nel significato della sincerità: un sentire totale, un’articolazione riuscita tra il concetto espresso e il profondamente vissuto che è più dell’organizzazione del vero in categorie asettiche, disincarnate, disumane.

L'intimo è il Cuore e questo intimo è in dialogo con il “tu” riconosciuto come compagno di strada e di sorte. Il Cuore, quindi, è unità, fratellanza, amore, destino comune. "L'anticuore", invece, è la frammentazione della visione d'insieme, la perdita dell'unità nei limiti dell’individualismo che non ci dicono nulla dell'uomo - delle sue comunità - proprio perché il singolo è ridotto a meccanismo utile solo al mercato delle merci, come il rottame di una modernità inautentica.

E per vivere davvero come donne e uomini, quindi, cosa è davvero necessario? Non solo la luce ma il fuoco. Perché la luce - indispensabile - non basta a comprendere il “tu", non serve a generare e sperimentare quella prossimità che scalda e che impedisce la violenza.

Le ragioni, le tante ragioni in campo producono solo conflitto se non opera il compromesso pacificante. Solo il Cuore è capace di superarle in un significato più alto e, allo stesso tempo, più umano: la Pace è specchiarsi nell'altro. Il Cristo dice “Misericordia voglio e non sacrifici” (MT, 9, 13) e così lo spazio del Cuore si declina come compassione che trasforma il senso della giustizia.

È l'infinito intimo della fratellanza che entra nel finito di un giudizio limitato. Il Cristo/Cuore è il “centro” del silenzio che spalanca le porte all'accoglienza del diverso, del peccatore, a costo di mettere in crisi le nostre acquisizioni moralistiche, clericali. La spiritualità algida, in tal senso, è una spiritualità legalistica, fondata su un'alterità lontana, fredda: è il culto di un mistero cogente, senza vita e senza amore.

In questo Tribunale degli eletti, la perfezione fa il paio con la “predestinazione” dei perfetti, dei giusti, dei già salvi. Cosa c'entra questo con Cristo? L'uomo è imperfetto e ferito - così si esprime Francesco - e nella fede può trovare la misericordia che salva: il fuoco.

Se “il merito è nel ricevere” - ci dice l'enciclica - ciò significa che non abbiamo davvero meriti da rivendicare.
La fede intima, quella dell'abbandono fiducioso nelle braccia del Padre, è impotenza liberatrice innanzi alla misericordia del dono. Siamo imperfetti e sbagliamo e anche per questo Dio ci ama: perché l'uomo, dagli abissi della propria miseria, è anche capace - come un bambino - di aprire le braccia all'amico che ci comprende.

È il Cuore che apre il “giudizio” alla sua revisione quotidiana, costante, di coscienza: non una volta per sempre ma sempre ogni volta. “il dominio politico del cuore” di cui tratta la “Dilexit nos” è, in ultima istanza, un potere di tutti, autolimitante: la Sovranità disarmata è solo quella della Croce, dei cristi-crocifissi, dei dimidiati.

L'opzione preferenziale per poveri non è comunismo, ha precisato recentemente Francesco, è Vangelo, solo Vangelo.