Ha ragione Fabio Volo, ogni bambino è il nostro bambino
Terza pagina
Qui si farà l’elogio di Fabio Volo, un autore che viene molto trattato con grande birignao dalla critica colta in quanto, appunto, vende molto con storie disimpegnate e con copertine elementari dove compaiono tazze di caffè, barattoli di marmellata, tricicli, bicchieri di vino.
I suoi libri sono stati chiamati «libroidi» ed è stato invitato a non attraversare foreste perché «gli alberi si vendicheranno». Il suo immane successo, si è detto, è dovuto «al contesto culturale-storico» italiano di oggi, «straordinariamente basso» . Persino citarlo è stato giudicato sconveniente dalla critica letteraria: «Il tema Fabio Volo è declassante dal punto di vista animale, una punizione all’esistenza e, alla base, una questione di cattivo decoro mentale». Altri giudizi: Fabio Volo «è l’italiano che all’estero si galvanizza quando sente qualcuno parlare italiano per strada e sgomita con la fidanzata per farglielo notare». Fabio Volo viene definito scrittore per «un rigurgito di spericolata fantasia». Fabio Volo è «il nuovo analfabetismo che avanza e che a differenza di quello classico di chi non sapeva né leggere né scrivere, si è fatto più subdolo: è quello di chi sa leggere, ma non comprende».
Qui si farà l'elogio di Fabio Volo perchè questa quintessenziale icona della cultura “bassa” in due giorni ha compiuto un doppio gesto da avanguardia intellettuale, difendendo lo Ius Soli prima al cospetto di Silvio Berlusconi (negli studi Rai dove andava in onda l'intervista del Cavaliere da Fabio Fazio) e poi a un tavolo con Matteo Renzi (durante la presentazione del libro “Quando tutto inizia”). Se il ruolo dell'intellettuale è quello di far avanzare il suo mondo su terreni nuovi, scuotendo la sensibilità collettiva, ponendo questioni non usuali in modo poco canonico, beh: Fabio Volo lo ha fatto. Tra i suoi lettori e i suoi moltissimi fan, è immaginabile, sono assai pochi quelli sensibili al “messaggio politico”: le sue parole sui diritti dei bambini li hanno obbligati a una riflessione che probabilmente non avrebbero mai fatto, o quantomeno a prendere coscienza di un problema.
Qui si farà l'elogio di Fabio Volo anche sul piano del coraggio, perchè non è facile quando si scrive per Mondadori, si lavora molto in Rai, si è insomma ben piazzati nel mainstream delle relazioni e del potere, turbare i padroni del vapore pubblicamente, sotto i riflettori. La critica col birignao giura che è solo spot, comportamento furbesco per prendersi i riflettori. E anche qui, che dire? E' palpabile l'invidia di questi anti-Volisti a oltranza, che ce ne sono tanti di autori altrettanto ben piazzati e desiderosi di pubblicità che però preferiscono la categoria manzoniana del “servo encomio” al rischio di una critica palese. Oltre l'invidia, si intravede il disappunto e l'ansia per lo scippo di ruolo o di funzione: è dai tempi di Federico Moccia, quello di “Tre metri sopra il cielo”, che la letteratura ha convenzionalmente stabilito il bipolarismo del rapporto impegno/vendite: chi vende tanto è un autore commerciale, chi vende poco è un intellettuale; chi vende tanto può al massimo farsi i selfie con le fan; chi vende poco può salire sulle cattedre della Res Publica.
Quindi, bravo Fabio Volo. Ogni bambino è il nostro bambino, come dici tu usando magari parole «straordinariamente basse» ma perfettamente comprensibili a tutti oltre i contorsionismi della politica (e forse è proprio quello che serve adesso).