Libertà religiosa o libertà individuale?
Terza pagina
C'è un equivoco di fondo quando si parla di libertà religiosa. Questa non coincide con il fondamento di una società libera, che è invece la libertà individuale.
L'unità di misura delle società libere è la singola persona, non il gruppo, per una ragione elementare: è solo sull'individuo che si possono parametrare decisioni e connesse responsabilità. "La responsabilità penale è personale", recita saggiamente l'articolo 27 della Costituzione, ed è in effetti questo l'unico principio che consente di comporre le due forze conflittuali che modellano da sempre ogni comunità - libertà e sicurezza - circoscrivendo l'uso della violenza e della repressione ai soli casi in cui le azioni di un individuo hanno cagionato danni ad altri.
Concetti 'collettivi' di libertà, come quello della libertà religiosa, rendono impossibile l'adozione di criteri di riferimento universali per stabilire la legittimità delle azioni delle persone.
La difesa da forme di sopruso e di privazione di libertà per una persona, se parte delle prescrizioni da una religione o tradizione culturale, può diventare un gesto di intolleranza e discriminazione. Le 'libertà culturali' o 'religiose', qualora escano dalla dimensione delle scelte volontarie private e divengano regole di organizzazione della vita collettiva, impongono l'adozione di pesi e misure diverse per ciascun caso specifico, e costringono, in sostanza, a buttare a mare lo stato di diritto.
È forse questo il tema davvero cruciale sollevato dalla presenza dell'Islam nel mondo libero (che non è occidentale né orientale, né meridionale o settentrionale, ma è per chiunque ne accetti le regole). È un tema ben più epocale della sicurezza connessa agli episodi di terrorismo jihadista, le cui vittime, come evidenziato da Lucio Scudiero su Strade, numericamente sono poca cosa rispetto, per esempio, agli omicidi volontari.
È vero: le vittime degli attentati al grido di "Allahu akbar" non sono poi così tante, ma è utile ricordare che (a differenza di quelle di altri omicidi a scopo criminale, che perseguono scopi e interessi particolari) rispondono al disegno universalistico di abolire le regole che consentono la libera convivenza, per istituire la "libertà religiosa" della legge islamica.
Gli attentati islamisti ci ricordano quindi il dilemma che lacera tutto il mondo islamico, arabo e non, in Medio Oriente, Europa e altrove nel mondo. L'Islam è compatibile con la libertà individuale? Può rinunciare una volta per tutte alla propria vocazione giuridica e politica, e diventare, come le altre grandi religioni nel mondo libero, una fede strettamente spirituale, personale e privata, senza cessare di essere Islam?
È una domanda a cui, necessariamente, solo i musulmani e le loro istituzioni possono dare una risposta convincente, al di là delle prese di distanza dagli episodi di violenza, e delle discussioni teologiche su 'cosa sia il vero Islam', le quali, rispetto a questo interrogativo, sono irrilevanti.