Cibo Europa Unita 611

Quanto siamo consapevoli dei contenuti che quotidianamente affidiamo al web? E quanto ragioniamo sulle notizie e sulle immagini che si affacciano nelle nostre case attraverso le schermate blu dei nostri profili social?

Uno dei temi protagonisti degli ultimi tempi, nei social e nei media in generale, è stata ovviamente la Brexit. Il tema ha giustamente interessato anche coloro che non si occupano di politica, ma di arte e di cultura.

Come era facile prevedere, infatti, la paventata uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea non ha tardato a manifestare i suoi effetti anche sul mondo dell’arte.

Già prima del referendum molti artisti inglesi, o comunque legati alle vicende artistiche londinesi, avevano preso parte attivamente al dibattito. Wolfgang Tillmans, tedesco per nascita e attualmente attivo in quel di Berlino, ma noto al pubblico per le sue fotografie londinesi, ha addirittura firmato un manifesto su cui campeggia una eloquente scritta: se persone come Murdoch, Farage, Le Pen e Trump votano a favore di Brexit, tu da che parte stai?

Oltre a Tillmans, il versante Remain contava tra i suoi sostenitori altre personalità di grandissimo rilievo, come Anish Kapoor, Tracey Emin e molti altri, tra cui, non ultimo, l’attuale direttore della Tate Modern, Chris Dercon. 

La ragione per cui molta parte del mondo dell’arte contemporanea era contraria alla Brexit aveva a che fare con i fondi europei destinati alla cultura. Non proprio un dettaglio, nel quadro delle attuali politiche nazionali che tendono sempre più a tagliare questi stessi fondi. Altro aspetto vitale della EU per l’arte britannica era poi la facilità di scambi e circolazione delle merci con gli altri paesi europei, cosa che, venendo a mancare, non tarderà certo a manifestare i suoi effetti nefasti.

Tuttavia, in seguito all’esito del voto, le cose sono andate, almeno temporaneamente, molto meno tragicamente di quanto non ci si aspettasse. Anzi, complice la caduta della sterlina, le aste di Sotheby e Christie’s si sono rivelate molto positive per il mercato

Inoltre, anche oltre le bianche scogliere di Dover, in seguito a Brexit, potrebbero addirittura verificarsi alcune inattese contingenze favorevoli. Secondo alcuni, prese alcune tempestive misure (vedi taglio dell’Iva e simili) la cosa potrebbe infatti rivelarsi propizia persino per l’Italia, il cui fatturato complessivo attuale (stiamo sempre parlando di mercato dell’arte) pare si aggiri, secondo alcune fonti, intorno al 3 o 4 per cento di quello della sola Londra. Altri invece sono meno ottimisti, anzi, prevedono esiti catastrofici della Brexit anche nell’arte

Insomma, alla fine, non si sa ancora che cosa dobbiamo aspettarci e tutto è ancora da vedere. Di certo Brexit non mancherà di interessare la produzione artistica di molti autori inglesi ed europei. C’è da aspettarsi che molti di loro ne faranno il soggetto dei propri futuri lavori.

Intanto, però, è già nato un piccolo caso, molto curioso e potenzialmente (o meglio, concettualmente) foriero di riflessioni interessanti. Il fatidico giorno in cui si è saputo dell’esito del referendum, su Facebook è comparso un meme pensato come una vera e propria natura morta che ha raccolto fin da subito alcune migliaia di like ed entusiastici consensi. Fin qui niente di strano, di meme ne compaiono a centinaia, anzi forse milioni, ogni giorno. La cosa particolare però, riguarda invece il destino di questo meme e il suo significato.

La foto rappresenta un tavolo da cucina apparecchiato da un lato con cibi europei tipici dei paesi dell’Unione Europea: brioches au chocolat, vini pregiati, Bratwürst e Olio extravergine d’Oliva docp. Dall’altro lato dello stesso tavolo, ben distante dal primo gruppo di alimenti, campeggia al contrario una triste e solitaria scatola di fagioli, con una ciotola e un cucchiaio. Non si sa chi sia l’autore del meme. Alcuni sostengono che la foto sia comparsa la prima volta sul profilo di tale signora Maddy Shaw, altri su quello della signora Anastasia Piliavsky. Nessuno lo sa con certezza.

Fatto sta però che il meme è andato incontro ad un inatteso destino. La cosa ha avuto infatti vari echi, fino ad interessare una nota rivista online di arte contemporanea internazionale, che ha cominciato ad occuparsene come se si trattasse di una vera e propria opera d’arte contemporanea. L’immagine, insomma, è talmente rappresentativa da porre almeno due questioni, tutte e due fondamentali.

La prima e più ovvia riguarda il senso che la composizione esprime. Il senso dell’Europa unita qui è felicemente espresso attraverso il cibo, soggetto che ben si presta ad incarnarne la cultura condivisa. Il lato del tavolo dove compaiono i prodotti dei paesi dell’Unione Europea è infatti ricco e succulento: come a suggerire che l’unione, letteralmente, fa la forza. Dall’altro lato del tavolo, invece, campeggia l’immagine di un isolamento tutt’altro che splendido. Il mangiatore solitario di soli fagioli suggerisce la povertà di risorse e un futuro non proprio roseo che l’attende. Il lato del tavolo che appartiene ai paesi dell’Europa unita, poi, non solo è più ricco e sano, ma anche più allegro e beneaugurante, perché presume la condivisione e la collaborazione produttiva di più soggetti. Dall’altra parte, invece, la povertà delle premesse non sembra prometter nulla di buono.

Questo il primo senso del meme, il più immediato. Ce n’è però anche un altro. A pensarci bene, infatti, colpisce il fatto che qualcuno se ne sia occupato trattandolo alla stregua di un lavoro artistico vero e proprio. Perciò la domanda, come avrebbe detto Lubrano, qui sorge spontanea: era nelle intenzioni dell’autore (o dell’autrice) del meme farne un’opera d'arte? O forse no?

Ma che cosa ne è dei contenuti che tutti i giorni mettiamo allegramente in circolo sul web? Sta per nascere, o è piuttosto già nata, una nuova arte libera e condivisibile fino a perdere ogni rapporto con l’autorialità, in barba a qualsiasi aura di benjaminiana memoria o anche solo, semplicemente, a qualsiasi dogana? O c’è dell’altro? La questione potrebbe apparire molto tecnica, ma lo è meno di quanto possa sembrare.

Fa infatti pensare che quello che noi stessi pubblichiamo sui nostri profili social a volte assuma un valore e un significato che va ben oltre la nostra stessa immediata consapevolezza. Certo, non bisogna esagerare. Non so se tutti siano disposti a considerare quel meme arte o meno. Ma anche se è certamente stuzzicante pensarlo come una nuova frontiera dell’arte contemporanea (frontiera, si fa per dire), il piccolo caso del meme sulla Brexit fa pensare.

L’arte, più o meno (in questo caso meno) volontariamente costruita e pensata, che corre sul web, può effettivamente parlare a un numero crescente di persone, ed essere diffusa liberamente, senza vincoli e senza copyright, al di là di ogni possibile previsione personale anche di chi la produce e la mette in circolo, anche oltre le tentazioni populiste. Ma proprio per questo, anche se sembra banale dirlo, dovremmo forse in parte riconsiderare il modo in cui ciascuno di noi mette ogni giorno in circolo contenuti e immagini, prendendo atto della responsabilità, culturale e politica, di ciò che ciascuno di noi pubblica e “fa girare”, a volte senza aver neanche controllato bene le fonti.

Arte o non arte, certo sarebbe interessante capire come la comunicazione che si è mossa sui social nei mesi precedenti abbia in effetti influenzato l’esito della Brexit, così come le recenti elezioni amministrative da noi. Più in generale, sarebbe interessante capire quanto la produzione di contenuti trasmessi più o meno consapevolmente da tutti noi via web e social influenzi la nostra stessa percezione della quotidianità e dei problemi con cui l’epoca in cui viviamo ci chiama a fare i conti. Ma questa è certo un’altra storia.

Intanto, complimenti all’autrice della foto artistica “a sua insaputa”. La quale si dice abbia condensato il senso del suo lavoro assai sinteticamente con la frase: “Too many beans make you Trump”. Come non darle ragione? Fate girare!