Gli Eagles of Death Metal, il Bataclan e il califfato musicale italiano
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In molti individuano nella nascita del pop rock uno dei primissimi fenomeni di globalizzazione. Negli anni '60 i Beatles riunirono sotto il loro "mito" gli adolescenti di mezzo mondo, tanto che alcuni sociologi si spingono a ritenere i FabFour il primo prodotto dell'industria culturale di massa riservato a una nuova categoria di consumatori: i giovani.
La storia del rock è strettamente legata a quella dell'Occidente: dalle rivoluzioni tecnologiche che negli anni ne hanno stravolto il suono, fino a issues come i diritti civili, la parità di genere, il pacifismo, che proprio nel rock, da Woodstock in poi, hanno trovato una cassa di risonanza mondiale.
Eppure, ancora oggi, nel nostro Paese c'è chi ritiene questo genere musicale qualcosa di "altro" rispetto alla nostra cultura, un frutto impazzito, una distorsione della linea spazio-temporale dell'Occidente.
E quando succede, come nell'attentato al club Bataclan, che i giornalisti italiani ne debbano scrivere, il risultato è un grottesco riflesso da califfato islamico musicale.
Gli Eagles of Death Metal, sul palco del Bataclan la sera dell'attentato, sono una band californiana che suona canzoni energiche, con una attitudine molto giocherellona e un sound per nulla minaccioso. Il loro nome è frutto di un gioco di parole: gli Eagles (quelli della trasognante "Hotel California") e il death metal, che è un genere musicale molto "duro". Basta una veloce ricerca su Wikipedia per farsi un'idea abbastanza chiara. Quantomeno per capire che non inneggiano alla morte, né a Satana.
Ma negli articoli che raccontavano la tragedia di Parigi, gli EoDM sono stati descritti come "un gruppo di metallica", "L'Aquila della morte” e “Aquile del Metallo Mortale”, come ben riassunto da Rolling Stone Italia e da Linkiesta.
Insomma, traduzioni sbagliate e pruriginose. Quasi come se ci fosse un sottotesto: "se la sono cercata". Un po' come Charlie Hebdo.
Si parte da un particolare per una considerazione generale: il problema non è il modo in cui si è parlato degli Eagles of Death Metal, ma la sottovalutazione di un genere musicale - il rock in tutte le sue diramazioni - che non riesce a trovare in Italia cittadinanza. E dunque nessuna dignità.
Nessuno avrebbe mai osato sbagliare una delle due squadre che stavano giocando allo Stade de France la sera di venerdì 13 novembre. Trattare con sufficienza e snobbare un evento a cui sono accorsi centinaia e centinaia di giovani vuol dire offendere quelle stesse persone che in una manciata di minuti sono state travolte dalle raffiche dei kalashnikov dei terroristi. Persone che si trovavano lì non per caso, ma per vedere un concerto di musica rock. La cui identità culturale va rispettata perché la loro fruizione ha la stessa identica dignità di coloro i quali si trovavano allo Stade de France per vedere l'amichevole Francia-Germania.
D'altronde, tornando al particolare del concerto, nel comunicato di rivendicazione dell'attentato, l'Isis ha definito il Bataclan un luogo "dove erano riuniti centinaia di idolatri in una festa di perversione", individuandone così un simbolo dell'Occidente corrotto.
Per l'Isis il rock è un simbolo dell'Occidente, un frutto del suo albero di libertà. Sarebbe bene che anche in Italia si cominciasse a considerarlo tale.