Renzi chiodo Amici

In principio furono le scarpe ghepardate della Boschi alla Leopolda, che fecero notizia come uno sbarco di marziani perché nell’immaginario collettivo della sinistra la donna in politica non porta tacchi alti e tantomeno stampe animalier. Poi venne “Amici”. E poi, pian piano, tutto il resto.

Il renzismo non convince gli elettori (ex elettori?) della destra solo con l’abolizione dell’Imu, il calo delle tasse, la fine dell’articolo 18, ma anche con un’identificazione antropologica che funziona assai meglio di qualsiasi campagna politica. Lo sdoganamento di Denis Verdini, l’assoluzione politica dei gesti sessisti di Barani e D’Anna, l’immagine di Lotti che ride al telefono per la canzoncina contro i bersaniani, sono l’estremo tributo al mood esistenziale di quelli che, tanto tempo fa, si divertivano alle barzellette sulla Bindi e facevano di Scilipoti un mito pop.

L’elettore medio di centrodestra non ha bisogno di leggere l’ultimo decreto del governo per sentirsi affine al leader. Una battuta via l’altra, il renzismo ha conquistato le simpatie pre-politiche di quella che una volta si chiamava l’Italia alle vongole, già riferimento primo del berlusconismo, “quel mondo allegro e solare – per dirla con Giuliano Ferrara che la esaltò come modello di riferimento – legato alla tv e al calcio, magari a volte sguaiato e volgarotto ma di buona pasta”.

È un mondo che si compiace della battuta grassa, che si riconosce nell’inglese maccheronico del capo, si diverte all’idea che giochi alla Playstation aspettando i risultati delle regionali, va in solluchero per lo sceriffo De Luca che dà dei camorristi ai giornalisti di RaiTre, non vede niente di strano nei tweet di Esposito che paragona gli anti-juventini a “impotenti che esultano se qualcuno fa godere la loro donna”.

Oltre ogni giudizio moralistico, è il centrodestra che dovrebbe preoccuparsi, e molto. Dove andrà a cercare i voti se il renzismo si ruba non solo i suoi temi forti – meno tasse, lotta allo strapotere sindacale, abolizione dell’Imu – ma anche il suo immaginario? In nome di cosa chiederà consenso ora che il Pd di Renzi fa pure la guerra e manda i caccia a bombardare l’Isis cancellando l’estremo argomento polemico – il “buonismo” delle sinistre – rimasto alla destra? Chi gli rimane se l’Italia della piccola impresa e delle partite Iva, dei bar di provincia e del pubblico di Pomeriggio Cinque, gli volta le spalle?

Ossessionati dal tema della leadership, a destra si sono dimenticati che la politica è fatta anche di occupazione di spazi politici. E lo spazio politico attualmente libero in Italia è davvero piccolissimo: nel settore degli ultras antisistema c’è Grillo; in quello dei lavoratori dipendenti – insegnanti, statali, burocrazie pubbliche – domina la sinistra-sinistra; tutto il resto è occupato dal renzismo salvo lo spicchio xenofobo monopolizzato da Salvini.

Servirebbero sforzi da gigante per inventarsi qualcosa, un punto di ripartenza, una piattaforma – anche “estetica”, antropologica, culturale in senso lato – oltre all’interpretazione dei sentimenti dell’Italia alle vongole. Ma ho i miei dubbi che ci sia qualcuno in grado di compierli, e anche solo di riconoscere il problema.