La religione woke secondo Braunstein, una rivolta contro il pensiero illuminista
Scienza e razionalità
“Gli uomini sono incinta”, “le donne hanno il pene”. “i trans donne sono donne”, “tutti i bianchi sono razzisti”, “tutti i neri sono vittime”, “la biologia è virilista”, “i matematici sono razzisti”. Tali proclami sorprendono per la loro assurdità. Costituiscono, tuttavia, le affermazioni di base del pensiero “woke”, che si fonda su assunti, come la teoria del genere, la teoria critica della razza o la teoria dell’intersezionalità, che sono diventate verità evangeliche nelle università americane e in molte università europee. I “wokisti” spiegano che il genere è una scelta e che conta solo la volontà e la consapevolezza di essere uomo, donna o altro.
Jean-François Braunstein, professore di filosofia contemporanea alla Sorbona di Parigi e membro della “società francese di filosofia”, nel suo saggio “La religione woke”, edito nel 2022 da “Grasset”, spiega che il “wokismo” è una religione basata sulla critica del razionalismo, dell’illuminismo e dell’umanesimo.
La religione “woke” è portatrice di due grandi promesse; quella del genere e della liberazione definitiva del corpo e quella dell’intersezionalità e dell’unione di tutte le identità oppresse. La sua forza deriva dal fatto che parte da pretese legittime; la lotta contro il razzismo e le discriminazioni legate al genere, ma giunge a conclusioni inaccettabili.
“Woke” significa “svegliato” ed è un termine, ignorato in Europa fino al 2020, che è stato ripreso dal movimento “Black Lives Matter” (la vita dei neri conta) dopo la tragica morte di George Floyd. Ma questo termine richiama anche la nozione di risveglio, così importante nella storia religiosa degli Stati Uniti segnata da tutta una serie di “risvegli protestanti”. Il termine “woke” ha progressivamente rimpiazzato quello di “politicamente corretto” in voga dagli anni Ottanta.
Un’altra definizione usata per descrivere questi militanti identitari è quella di “guerrieri della giustizia sociale” (SJW, social justice warriors). Il termine “woke” è stato inventato dai militanti neri americani che si ispirarono al profeta rastafari di origini giamaicane Marcus Garvey, che nel 1920 aveva coniato lo slogan “Wake up Africa!, Wake up Ethiopia!” per incitare i Neri americani ad una presa di coscienza politica; una delle conseguenze di questa esortazione a “restare svegli” sarà l’adozione della “cancel culture”.
Brunstein ricorda che un militante woke nero è più legittimato di qualunque militante bianco. È quello che pensa la musicista nera Georgia Anne Muldrow secondo cui l’appropriazione del termine da parte dei bianchi è illegittima perché “essere woke è definitivamente un’esperienza nera”. Nonostante ciò, negli Stati Uniti e in Europa, i più ferventi militanti wokes provengono da prestigiose università, sono bianchi di buona estrazione sociale e il contenuto della dottrina woke, sia che si tratti della teoria di genere, della teoria critica della razza o dell’intersezionalità sta prendendo progressivamente il posto delle vecchie discipline. La pluralità dei punti di vista e l’argomentazione razionale non sono più accettati poiché l’unanimità è la regola.
Le conseguenze di questo indottrinamento sono visibili nell’insegnamento primario e secondario, sui media in particolar modo sulle GAFAM (Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft). Le serie di Netflix in particolare sono state accusate di essere perfettamente conformi ai criteri wokes. Per Braunstein la teoria del genere é il perno della religione woke che mira ad imporsi in tutte le società umane senza eccezioni e a cancellare le differenze di sesso.
Il sesso è assegnato in modo arbitrario alla nascita. La teoria del genere rappresenta il punto più estremo della cultura woke negando i fatti più elementari, contestando la scienza, la biologia e ricusando l'esistenza medesima della realtà. Per i wokisti il genere é determinato dalla coscienza di ognuno di sentirsi donna, uomo o altro. Se si osa legare il genere all'esistenza del corpo si verrà messi all'indice e tacciati di transfobia. Il rifiuto di riconoscere la realtà biologica porta ad affermazioni paradossali come "le donne hanno il pene" o "gli uomini possono restare incinta".
Grazie alle teorie transgender, la teoria del genere promette di cambiare sesso o genere a piacimento. Con la fluidità di genere, l'ideale di emancipazione universale sarà portato a compimento; sarà, cioè, possibile di liberarsi radicalmente di ciò di cui saremmo più schiavi, il nostro corpo. Il trans diventerà il nuovo eroe dei nostri tempi! Tali teorie possono suggestionare i bambini e i più fragili. Questa teoria totalmente immaginaria può avere effetti devastanti sulla nostra società.
Insegnando ai bambini che possono scegliere la loro identità, alla minima esitazione si possono innescare processi irreversibili. Si insegna al bambino a vivere in un mondo di illusioni, decostruendo la realtà e l'identità. In Francia ha suscitato polemiche la circolare dell’ex ministro dell’educazione nazionale Jean-Michel Blanquer che tendeva a favorire le condizioni affinché le rivendicazioni transgender dei bambini fossero ampliate ma come hanno sottolineato di recente Caroline Eliacheff et Céline Masson: “la transizione cosiddetta sociale rischia di mettere il bambino su binari che lo dirigono inevitabilmente verso la transizione medica. I bambini devono essere istruiti, non indottrinati!”.
Il tentativo di indottrinare i bambini può ritorcersi però contro i wokisti nella misura in cui i genitori sono molto lontani dal condividere queste teorie. Quando si insegna ai bambini che possono scegliersi il genere, che la biologia non è una scienza, se si discriminano in quanto bianchi con la teoria critica della razza, i genitori posso reagire duramente. Alcune conseguenze si sono viste negli Stati Uniti; nel 2021, in uno stato di tradizione democratica come la Virginia, fu eletto un governatore repubblicano perché si era impegnato a vietare l’insegnamento critico della razza nelle scuole.
Più recentemente il governatore repubblicano della Florida Ron DeSantis è diventato molto popolare con la promulgazione di una legge che impone ai distretti scolastici di “non incoraggiare la discussione sull’orientamento sessuale o l’identità di genere” davanti ai bambini. Inoltre lo stesso governatore ha revocato i privilegi fiscali accordati dal suo stato alla Disney a causa dei suoi fumetti gender. Ne è seguita una campagna di annullamento di abbonamenti. Anche Netflix sembra avere dei ripensamenti. Secondo un recente sondaggio gli abbonati non sono più così contenti dei documentari, troppo numerosi, sui transgender o delle serie troppo wokes, come la “vita di un uomo incinta” (la vita di M. Hiyama).
Il rifiuto dell’indottrinamento dei bambini e la stanchezza di fronte alle lezioni di morale impartite dalle principali imprese di comunicazione, sono un primo segnale di una resistenza all’offensiva woke. Questa nuova guerra tra culture, fa notare Braunstein, non è più una lotta tra “destra” e “sinistra” o tra conservatori e progressisti, ma tra quelli che credono ancora in un mondo reale e quelli che fanno passare avanti ogni cosa le loro credenze a qualunque prezzo.
L’onda wokista per il momento sta travolgendo solamente il mondo occidentale e ciò che colpisce maggiormente Braunstein è che gli eredi di una cultura così ricca si accaniscano nel tentativo di distruggerla. La femminista storica Camille Paglia si preoccupa della “disconnessione totale ed inquietante” che percepisce tra “la mania per le rivendicazioni transgender e il disinteresse verso ciò che accade nel mondo esterno.” Camille Paglia ritiene che il wokismo può destabilizzare l’Occidente a vantaggio di culture totalitarie come l’islamismo e di potenze come la Cina e la Russia che hanno tutto l’interesse a vedere l’Occidente indebolito.
La teoria del genere segna una rottura con la realtà per entrare in un mondo immaginario dove il genere rimpiazza il sesso e dove i corpi non contano più. Negando la realtà dei corpi, la religione woke raggiunge le utopie transumaniste. La teoria critica della razza e l’intersezionalità ci impediscono di pensare come individui autonomi, suscettibili di avere delle identità complesse ed eventualmente contraddittorie. Il loro successo si spiega perché promettono di alleviarci da un altro peso, quello della libertà. Erich Fromm aveva sottolineato che “la libertà è un fardello troppo pesante per l’uomo” e Michel Houellebecq ha recentemente ricordato come i nostri contemporanei aspirino, più o meno coscientemente, alla sottomissione.
Braunstein conclude notando che riguardo la parte più teorica di questa religione woke, quella dell’epistemologia soggettiva, si rischia di distruggere ogni possibilità di conoscenza oggettiva. Si rischia una regressione tecnica e scientifica. Per questi motivi la minaccia rappresentata dalla religione woke va presa molto sul serio. Paradossalmente la minaccia della religione woke può permetterci di riscoprire e di riaffermare il valore della civiltà occidentale.