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Alberto Alesina, Armando Miano e Stefanie Stantcheva (Harvard University) hanno verificato se le percezioni popolari sull’immigrazione corrispondono alla realtà, e qual è il loro effetto sulle preferenze per la redistribuzione (cioè l’uso delle tasse e della spesa pubblica per ridurre le disuguaglianze). 

Gli autori hanno sottoposto un questionario su immigrazione e redistribuzione a un campione rappresentativo della popolazione "nativa" di 6 paesi (Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Stati Uniti e Svezia). Agli intervistati è stato chiesto di indicare qual è la percentuale di immigrati regolari, la loro provenienza, religione, istruzione e condizioni economiche.

Le risposte mostrano una percezione completamente distorta dell’incidenza e della composizione dell’immigrazione.

Per esempio, negli Stati Uniti e in Italia il numero di immigrati regolari è intorno al 10%, ma la percezione media è che sia il 36% negli Stati Uniti e il 26% in Italia. Le percezioni degli elettori di destra e di sinistra non sono significativamente diverse e sono entrambe sbagliate.

Anche la composizione dell’immigrazione è percepita in modo sistematicamente sbagliato. I nativi credono che gli immigrati provengano per lo più da paesi con culture molto diverse dalla propria e “problematiche”, e che siano più poveri e meno istruiti di quanto sono in realtà. Per esempio, si sovrastima notevolmente la quota degli immigrati di religione musulmana e di quelli provenienti dal Medio Oriente e dal Nord Africa, e si sottostima l’incidenza degli immigrati di religione cristiana.

Le percezioni sono completamente sballate anche per quegli intervistati cui gli autori hanno promesso, in modo randomizzato, un compenso per le risposte accurate, a dimostrazione del fatto che si crede davvero che il proprio paese stia subendo un’invasione.  Gli autori hanno poi misurato la propensione degli intervistati a informarsi attivamente. Quelli con le percezioni più sballate hanno maggiore fiducia nell'esattezza delle proprie percezioni e sono meno disponibili a pagare per ottenere informazioni corrette. In altre parole, scelgono di non sapere. 

Per studiare l’effetto delle percezioni sballate sulla redistribuzione, gli autori hanno sottoposto in modo randomizzato gli intervistati a tre diversi tipi di “trattamento”, come si fa negli esperimenti clinici per testare nuovi farmaci.

Il primo trattamento aveva il solo scopo di far pensare agli immigrati, e consisteva semplicemente nel porre le domande sull’immigrazione prima di quelle sulla redistribuzione.

Il secondo trattamento forniva agli intervistati alcune informazioni sull’incidenza e l’origine degli immigrati, contenute in un video sull’incidenza e in uno sulla composizione.

Nel terzo trattamento si raccontava un aneddoto che descrive lo stile di vita di un immigrato che lavora duramente per integrarsi. Questo trattamento non contiene alcuna informazione fattuale, ma spinge i “trattati” a pensare all’immigrato in termini positivi.

Dopo il “trattamento”, agli intervistati è stato chiesto se sono favorevoli alle misure di sostegno del reddito (come il reddito di cittadinanza) e alla tassazione progressiva, se sono disposti a fare donazioni per aiutare i poveri e se ritengono che la disuguaglianza sia un problema.

I risultati: il solo fatto di pensare agli immigrati prima di rispondere alle domande sulla redistribuzione rende gli intervistati significativamente meno preoccupati delle disuguaglianze, meno favorevoli alla progressività del sistema tributario e alla spesa per redistribuzione (come quella che serve a finanziare lo stato sociale), e meno propensi a effettuare donazioni.

Probabilmente i nativi temono che le spese redistributive vadano a favore degli immigrati. Questo risultato è coerente con il fatto che le persone sono “altruiste” soprattutto coi propri simili, e vogliono redistribuzione solo nella misura in cui non beneficerà i “diversi” (Dahlberg et al., 2012).
Anche la somministrazione di informazioni fattuali sull’immigrazione ha l’effetto di diminuire il supporto per la redistribuzione perché, di nuovo, “costringe” gli intervistati a pensare agli immigrati. L’accesso a informazioni corrette e neutrali non intacca la percezione negativa dell’immigrazione. La somministrazione dell’aneddoto, invece, ha un effetto più forte delle informazioni fattuali, ma non forte abbastanza da controbilanciare l’effetto delle percezioni distorte sull’immigrazione.

In sintesi:

1) Le percezioni sull’immigrazione sono per lo più completamente sballate.

2) I pregiudizi sull’immigrazione cambiano le preferenze politiche, causando un minore supporto per la redistribuzione.

3) Gli aneddoti e le narrazioni sono più importanti dei fatti nel formare l’opinione pubblica.

Le opinioni dei nativi sugli immigrati non reagiscono alle informazioni fattuali e possono essere manipolate strategicamente attraverso narrazioni anti-immigrazione, anche per guadagnare supporto a politiche anti-redistributive, o regressive come la flat tax.

Sotto questo punto di vista la strategia della Lega (NO immigrazione e NO redistribuzione) è più coerente e intercetta le pulsioni dell’elettorato più efficacemente dei messaggi contradditori dei 5 stelle (NO immigrazione Sì redistribuzione), che non a caso hanno provato più volte a escludere gli immigrati regolari dalla fruizione del reddito di cittadinanza.


Bibliografia:

Alesina, A., Miano, A., Stantcheva, S. (2018). Immigration and Redistribution. NBER Working Paper 24733. Scaricabile gratuitamente qui: https://bit.ly/2MUqD99.

Dahlberg, M., Edmark, K., Lundqvist, H. (2012). Ethnic Diversity and Preferences for Redistribution. Journal of Political Economy 120(1): 41-75.