beppe grillo

Il patto politico “per la scienza” sottoscritto oggi anche da Matteo Renzi e Beppe Grillo mira a sostenere e difendere – contro gli pseudo scienziati e per un’informazione corretta – quelle evidenze sottoposte al continuo vaglio critico degli esperti, chiamati a mettere in discussione gli assunti ideologici e le falsità spacciate per risultati e acquisizioni perenni.

Questo approccio che sembra aver superato d’un tratto il manicheismo che ha dominato – in Italia – nel dibattito pubblico su democrazia e scienza, dimostra, a mio parere, che il "tradimento" è una virtù.

Orde di No vax, amici di Stamina e promotori di beveroni puzzolenti contro il cancro, oggi attaccano violentemente l’ex mentore e maestro, l’amico divenuto nemico che - colpevole di aver recepito le idee dell’immunologo Guido Silvestri - ha deciso di sconfessarsi, di abbandonare i propri proseliti, di rinunciare a qualche sketch ad effetto nel prossimo spettacolo teatrale, per fare l’eretico (da bruciare sulla piazza social) contro l’ortodossia semplificatorie e nemica della esperienza da lui stesso - in passato - eretta ad ideologia del suo movimento politico, oggi partito di Governo.

E spesso questi ortodossi traditi sono persone fortunate: padri e madri di figli – sconosciuti ai centri vaccinali – che non hanno contratto malattie solo per l'immunità di gregge garantita dai figli degli altri, vaccinati; sono quei sopravvissuti al cancro che oggi bevono intrugli e pontificano di terapie alternative ma che, ieri, hanno fatto quelle sedute di chemio e radio che gli hanno allungato la vita.

Tutto questo è la prova della sensatezza di Grillo? Della sua buona fede? Di un rinsavimento miracoloso?

Probabilmente no, ma, più prosaicamente, ciò che è successo, la sottoscrizione del patto, è prova che le fake news, l’oscurantismo della cultura del sospetto, la follia dell’uno vale l’altro senza discriminazioni di merito e valore, non hanno carica propulsiva e di consenso illimitata e si arrendono all’apocalissi e catastrofe di ogni populismo demagogico: i fatti, la concretezza, la realtà, la brutalità dell’evidenza, dei numeri, le ragioni convincenti della competenza.

E senz’altro competente fu l’immunologo Fernando Aiuti, morto pochi giorni fa, lo straordinario medico che negli anni Novanta, nel culmine della peste HIV, insegnò a tanti giovani – con un bacio in una foto – a fare l’amore, ad amarsi proteggendosi, a combattere le discriminazioni. Anche su questa grandezza si frange un’altra ortodossia, si misura un tradimento alla “purezza”, si smentisce un'opposizione e una distanza irreale, ideologica: perché non è vero che la scienza è fredda, elitaria, esangue, materia sfuggente di linguaggi astrusi ad uso e consumo di baroni universitari e sacerdoti di verità esoteriche.

La grandezza laica e scientifica della foto del bacio si può apprezzare del tutto solo oggi. E non sta nel fatto che il professor Aiuti, pur avendo baciato una sieropositiva “infetta e condannata dal suo peccato”, sia morto dopo tanti anni per motivi che nulla hanno a che fare con il “contagio”, ma sta nel fatto che oggi, dopo trenta e più anni di cure e di convivenza con il virus HIV, Rosaria Iardino, la ragazza che bacia Aiuti nella foto, sia ancora viva e vegeta, abbia una figlia, sia intervenuta pubblicamente per onorare l’immunologo deceduto ed il valore dei farmaci antivirali nel frattempo commercializzati.

Anche questo significa scienza e il suo progresso: nessuna verità presuntuosa o pregiudizio, solo un bacio e la giusta terapia!