No, togliere i figli agli antivaccinisti non è affatto una buona idea
Scienza e razionalità
I bambini sono sempre stati uno degli argomenti preferiti a sostegno dell’attivismo politico. I comunisti erano cattivi perché mangiavano i bambini. Il suffragio universale era deleterio, perché quando le donne vanno a votare, chi pensa ai bambini? (Non scherzo: c’erano davvero manifesti che esprimevano questo concetto) Il divorzio avrebbe portato enormi problemi ai bambini abbandonati. E i matrimoni tra persone dello stesso sesso vanno impediti, perché questo apre la strada all’omogenitorialità e i bambini ne risentirebbero. E via discorrendo; gli esempi sono virtualmente illimitati.
I bambini sono anche uno dei cardini su cui è basato il dibattito sulle vaccinazioni. In questo caso, non si può negare che l’argomento abbia una rilevanza forte, sebbene le vaccinazioni proteggano non solo loro ma la popolazione in ogni fascia di età. E mentre da una parte si levano scudi a suon di “giù le mani dai miei figli!” contro lo Stato dipinto come un’entità dittatoriale che vuole imporre un trattamento sanitario contro il parere dei genitori, dall’altra i toni non tendono a smorzarsi nemmeno ora che esiste una legge sull’obbligo e che in numerose regioni italiane le coperture sembrano essere aumentate. Si invocano interventi più drastici, come il divieto d’accesso alla scuola dell’obbligo, e non di rado si parla di intervenire per togliere i figli a chi non li ha vaccinati.
Ammetto che è difficile resistere al sospetto che anche in questo caso i bambini siano usati come paravento. Non è dato sapere quante di queste persone, che si ergono a difensori dei più deboli (o perlomeno di quelli che fanno più tenerezza), si mettano mai effettivamente nei loro panni. Si assiste a una curiosa specularità: mentre per esempio per i difensori della famiglia tradizionale i bambini sono degli esseri di cristallo che si rompono se appena l’equilibrio tra sessi viene turbato, per alcune frange di razionalisti i bambini vengono ridotti a meri corpi di cui bisogna preservare a tutti i costi l’integrità fisica, senza preoccuparsi minimamente di quella psicologica o comunque ritenendola secondaria.
Di certo, quando l’ambiente familiare è tossico, è dovere delle istituzioni intervenire, ma è necessario accertarsi (o quanto meno avere delle ragionevoli aspettative) che l’alternativa sia migliore a tal punto da giustificare un intervento che per la psiche del bambino rischia comunque di essere traumatico in una ragione che varia con diversi fattori (età, profilo psicologico, contesto familiare e ambientale).
Al netto di un manipolo comunque ristretto di realtà familiari disfunzionali che potrebbero effettivamente costituire un pericolo per i minori (ma siamo sicuri che si annidino solo tra i no-vax?), si sta dicendo di togliere i figli a persone che li amano come tutti i genitori, ma che purtroppo sono caduti nella spirale della disinformazione e della sfiducia istituzionale. Ciò non toglie che possano benissimo essere dei genitori affettuosi e attenti, che si preoccupano per la loro salute e che investono molto tempo e molte risorse per ciò che credono sia meglio per loro, e coi quali il figlio ha stabilito un legame ovviamente molto forte.
Il trauma emotivo della separazione può significare problemi di adattamento per tutta la vita. Si propone di portare via un bambino dai luoghi, dagli oggetti e dalle relazioni con cui si sente al sicuro. E di gettarlo in un sistema, quello dell’affido e dell’adozione, che non brilla esattamente né per efficienza né per trasparenza. Tanto per prendere le misure di ciò di cui stiamo parlando, la legge 149 del 2000 prevede che il minore allontanato dalla famiglia trascorra solo il tempo minimo indispensabile presso una comunità – soluzione che costa allo Stato 130 euro al giorno per ogni minore – prima di essere affidato a una famiglia o adottato. Ma ancora nel 2016 non era stata nemmeno realizzata la banca dati, prevista per legge, che permette di sapere quanti minorenni sono in attesa di collocazione presso una famiglia. Ci si deve rifare alle stime dell’Istituto degli Innocenti di Firenze, che parlano di circa quindicimila minori che vivono ancora in comunità, nonostante la lista di coppie in attesa di adozione superi di gran lunga questo numero.
Il bambino deve poi fare i conti con l’idea che i propri genitori lo abbiano messo consapevolmente in pericolo. Il messaggio che rischia di interiorizzare inconsapevolmente è quello di non essere degno dell’amore e delle cure delle persone che più dovrebbero tenere a lui, oppure di essere stato così disgraziato da finire in mano a degli imbecilli o dei criminali. In tutti questi casi, le prospettive di sviluppo emotivo non sono tra le più rosee.
Si potrebbe poi sviluppare il discorso chiedendosi se non sia il caso di togliere i figli alle coppie di fumatori, dal momento che le analisi dicono chiaramente che un figlio di fumatori ha probabilità più alte di cominciare a fumare. E che dire di quei genitori che tendono a sfogare la propria ansia rimpinzando i propri figli unici (sempre più frequenti in questo paese) fino a farli diventare obesi? Eppure l’obesità con tutte le sue conseguenze a lungo termine (dai disturbi cardiovascolari e respiratori fino al diabete e alle disfunzioni metaboliche) è un’emergenza sanitaria grave. L’elenco di possibili cattivi genitori è virtualmente infinito, anche perché è quasi impossibile concordare su una versione unanime di buona genitorialità.
Insomma, sto dicendo che le persone che suggeriscono di togliere i figli ai genitori che non vaccinano sono senza cuore? No, semplicemente non stanno riflettendo adeguatamente sulle conseguenze di ciò che affermano, come spesso succede quando si polarizza un discorso che riguarda la genitorialità e si perde di vista quello che si dice di difendere strenuamente, e cioè il benessere dei più deboli. La polarizzazione e l’inasprirsi del dibattito su posizioni estreme non ci mettono in condizione di domandarsi se non ci siano alternative altrettanto efficaci e meno traumatiche per tutti, che non abbiano principalmente lo scopo di soddisfare il nostro desiderio di vedere qualcuno punito. Alternative che, soprattutto, non mettano i figli nella situazione di dover pagare per le colpe dei genitori in un modo non commisurato al rischio reale.