Sperimentazione animale: la resa agli estremisti e il futuro della ricerca
Scienza e razionalità
Nella notte tra il 14 e il 15 marzo un gruppo di animalisti ha deciso di attaccare degli adesivi sui portoni del polo biomedico dell’Università di Ferrara e sulla porta dell’abitazione del professore di Fisiologia Luciano Fadiga, criticando l’utilizzo dei macachi nella ricerca ivi condotta.
Di quale ricerca stiamo parlando? Il lavoro di Fadiga ha contribuito alla scoperta dei “neuroni specchio”, ossia quella rete neurale che si attiva sia al momento di compiere un’azione, ma anche quando osserviamo un’azione compiuta in un altro soggetto. Potrà sembrare banale ma una scoperta come questa ci ha aperto nuovi campi di ricerca su come si è evoluto il linguaggio attraverso l’imitazione nell’uomo, e su come si è evoluto il rapporto tra i vari individui di una specie e anche verso altre specie (paradossalmente l’empatia, a volte patologica, di certi animalisti verso gli animali ne è una conseguenza).
Non si tratta di una scoperta affatto banale ed è stata definita da molti ricercatori del livello della scoperta del DNA per la biologia. Il metodo di ricerca sui macachi si basa sull’impianto di elettrodi nella corteccia frontale per rilevare l’attività di determinati gruppi di neuroni. Procedura che, ovviamente, avviene sotto analgesia e conformemente ai protocolli utili a garantire il benessere dell’animale sotto indagine.
Si tratta di una modalità di protesta simile a quella messa in atto per il professor Caminiti, che venne attaccato da Striscia la Notizia, dalla LAV e da altri gruppi animalisti, e per l’Università di Modena, conclusasi col trasferimento dei macachi in una struttura esterna.
La protesta in sé potrebbe non destare troppe preoccupazioni - è più simile ad una manovra pubblicitaria - ma quello che preoccupa è il modo in cui la scienza in generale e lo scienziato in particolare vengono visti dalla società. Si passa da una sfiducia nella ricerca di base e nei suoi obiettivi per arrivare alla negazione dei risultati di questa e dei vantaggi che ci ha procurato, come nel recente caso dei vaccini. Quando poi si aggiungono anche personalità pubbliche che, in forza della loro posizione e della loro notorietà, fanno da cassa di risonanza per queste posizioni e si prestano come sponsor di queste campagne, ecco come si arriva alla situazione attuale.
Un paese dove il calo preoccupante delle percentuali di vaccinati e l’aumento dei casi di morbillo impone la domanda se rendere la vaccinazione un obbligo ancora più stringente di come sia adesso. Un paese dove l’opinione di un deejay vale più di quella di ricercatori che lavorano da anni sulla tematica.
All'origine di questa situazione ci sono molte cause, e nessuna di queste è preponderante sulle altre: la sempre minore conoscenza di come funzioni la scienza e il metodo scientifico, la sfiducia in generale verso quelle che vengono identificate come "caste" (e anche medici e scienziati sono visti come tali), il crescente effetto Dunning-Kruger alimentato dalla possibilità di accedere facilmente alle informazioni senza poterle comprendere nella loro complessità, e così via.
Se la politica è uno specchio della società, la prima riflette le aspettative della seconda. La recente proroga di tre anni della moratoria sulla sperimentazione animale ne è un esempio lampante: in una scelta così importante, dove la politica doveva farsi guidare dai dati e non dalla pancia e delle opinioni, è stata scelto di spostare la soluzione del problema più avanti nel tempo in attesa che si calmino le acque, nella migliore tradizione italiana.
Una scelta politica, al solito, molto accondiscendente verso le opinioni rispetto ai fatti, nonostante le multe in arrivo dall’Unione Europea per il mancato adeguamento alla normativa europea, la crescente sfiducia nei confronti della scienza e le difficoltà di crescita per uno scienziato in Italia - eppure i nostri ricercatori sono tra i più produttivi al mondo. Resta da chiedersi quanto a lungo questo equilibrio potrà durare e quando verrà presa una decisione definitiva, nel bene o nel male, ma che almeno chiarisca se l’Italia potrà essere un paese adatto a fare ricerca.
La scelta rimane alla fine tra l'adeguarsi alla propaganda di gruppi estremisti e assumersi il coraggio di fare scelte, anche impopolari, guardando al nostro futuro.