Del Donbas non si è mai parlato tanto come adesso. Eppure molti, di questa regione industriale e mineraria dell'Ucraina orientale oggi contesa tra Ucraina e separatisti filo-russi, non avevano fin'ora mai sentito parlare. Ma quelle "terre selvagge", dall'epoca dei Cosacchi alla grande carestia del 1932/33, dalle migrazioni russe fino a tutto il periodo sovietico, hanno visto scorrere capitoli importanti della storia dell'Europa Orientale.  

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La regione del Donbas prende il nome dal fiume Donec', un affluente del Don che vi confluisce in territorio attualmente russo. Poste all'estremità orientale dello spazio ucraino, queste steppe ucraine possono essere considerate parte delle dyke pole o "terre selvagge", vale a dire quei territori scarsamente popolati che nei primi secoli dell'era moderna costituivano una zona di transizione tra la Rzeczpospolita (il grande stato polacco-lituano) verso il Mar Nero e il mondo tataro-musulmano; erano all'epoca abitate soprattutto dai cosacchi, cioè da quei contadini-soldati che vi si erano insediati per sfuggire alla servitù della gleba.

Il Donbas, che corrisponde agli attuali territori degli oblast ucraini di Luhans'k e Donec'k (più una parte della provincia russa di Rostov sul Don), non fu però l'epicentro della vita cosacca, che si svolse maggiormente nelle aree poste ad ovest e corrispondenti alle attuali città industriali di Zaporižžja e Dnipropetrovs'k. Rimase scarsamente abitato fino alla metà dell'Ottocento e il suo popolamento fu dovuto soprattutto alla scoperta e all'inizio dello sfruttamento dei giacimenti di carbone; per questo motivo, il Donbas è stata la regione ucraina che per prima ha sperimentato un forte flusso d'immigrazione dalla Russia. Prima della metà dell'Ottocento non c'era infatti in Ucraina quasi traccia della presenza russa, ma il Paese era popolato principalmente da ucraini, ebrei e polacchi, oltre a numerose altre minoranze etniche (tedeschi, cechi, bulgari, greci, tatari. ecc.).

L'eredità cosacca, l'immigrazione, l'industrializzazione, l'inurbamento dei contadini, le rivolte sociali e i pogrom antiebraici dell'epoca precedente la Rivoluzione, hanno diffuso l'idea – viva ancora oggi - della natura non strutturata e violenta della società del Donbas. Il clima inclemente e insalubre («più caldo che in Palestina d'estate e più freddo che a san Pietroburgo d'inverno» ebbe a dire nel 1908 un ingegnere francese), l'approvvigionamento insufficiente d'acqua, l'insofferenza verso lo Stato centrale, la durezza del regime lavorativo, i contrasti interetnici (con un fondo ostilità tra ucraini e russi), le scarse opportunità sociali offerte agli abitanti, sono altri aspetti di lunga durata che caratterizzano l'immagine del Donbas.

Una regione, quindi, che ha una sua fisionomia speciale, una sorta di Sicilia o di Corsica, insofferente ai poteri centrali: imperiali, sovietici, russi o ucraini che essi siano. Allo stesso tempo, una regione che è riuscita (molto più della Sicilia italiana e della Corsica francese) a svolgere un ruolo politico che va al di là dei suoi confini: ben due segretari generali del Pcus, Kruščev et Brežnev, sono figli di operai russi immigrati nel Donbas o nelle regioni ucraine circostanti; originari del Donbas e della regione di Dnipropetrovs'k sono stati anche molti segretari del Partito bolscevico ucraino e alcuni dei principali esponenti della vita politica dell'Ucraina post-sovietica: Janukovyč, il presidente travolto dalla rivolta di EuroMaïdan (che è stata anche una rivolta contro lo strapotere dei russofoni del Donbas sulla vita politica ucraina) è di Donec'k, mentre il suo primo ministro Azarov è un russo immigrato nel Donbas; d'altra parte la Tymošenko e l'ex presidente Kučma sono entrambi degli ucraini russofoni (o bilingue) di Dnipropetrovs'k. Il fatto che la storia politica dell'Ucraina post-sovietica sia stata dominata da persone provenienti da queste aree sud-orientali, mentre l'uomo politico più prestigioso prodotto dalle regioni occidentali, il galiziano Čornovil (un ex dissidente sovietico) sia stato assassinato in un "incidente" automobilistico alla vigilia delle elezioni presidenziali del 1999, fornisce alcune chiavi di lettura importanti degli eventi ucraini degli ultimi mesi.

 

Il Donbas imperiale e sovietico

Lo storico ucraino Petro Lavriv ha quantificato in 700.000 gli abitanti totali del Donbas nel 1897, aumentati a 2 milioni nel 1920 e a 7 milioni nel 1959. Per effetto delle immigrazioni russe, in tutta l'Ucraina sud-orientale cominciò a manifestarsi quel fenomeno demografico che persiste tutt'oggi, vale a dire una leggera prevalenza di russofoni nelle medie e grandi città e di ucrainofoni nelle piccole città e nelle campagne. Nel 1926 i russi costituivano il 31,4% degli abitanti del Donbas e due terzi di essi vivevano nelle città, di cui costituivano circa la metà degli abitanti e in cui la lingua russa era prevalente. Il partito bolscevico ucraino era dominato dai russi (molti provenienti dal Donbas) e fu grazie a Lenin - che respinse la proposta - che fu evitata la nascita di un'autonoma repubblica del Donbas. I vertici del partito ucraino, guidati dal tedesco Emmanuel Kviring (che era stato favorevole alla secessione del Donbas) e dal suo vice Lebed' (russo), erano comunque ostili alla cultura ucraina; tra gli impiegati statali iscritti al partito solo il 18% conosceva l'ucraino.

Dal '23 si diede quindi inizio alla politica in favore della lingua ucraina (korenizacija): nel '26 il 30% dei giornali e il 50% dei libri era pubblicato in ucraino, una lingua il cui uso era stato scoraggiato e vietato con due provvedimenti dalle autorità zariste nel corso del XIX secolo (la circolare del ministro dell'Interno Valuev del 1863 e il decreto imperiale di Ems del 1873). Aumentò anche il numero di ucraini immigrati nelle città industriali del Donbas e dell'Ucraina sud-orientale: a Luhans'k, Zaporižžja, Charkiv e Dnipropetrovs'k gli ucraini rappresentavano nel 1933 ormai la metà o più degli abitanti; a Stalino (attuale Donec'k) essi rappresentavano il 31% della popolazione, e il 36% della forza lavoro mineraria e metallurgica del Donbas. La lingua russa continuava però ad essere d'uso comune nelle fabbriche.

La korenizacija rappresentò nelle città del Donbas un fenomeno dotato di una triplice complessità: i russofoni subirono una sorta di shock linguistico legato all'ucrainizzazione dell'amministrazione (e una parte dei russi si risolse ad imparare l'ucraino), molti contadini e gli operai russificati ucraini entrarono per la prima volta in contatto con la propria cultura e presero coscienza della propria nazionalità, mentre continuò il ruolo di fatto preponderante della lingua russa e il processo di russificazione degli ucraini inurbati. Complessità che spiega perché anche oggi, accanto ai patrioti delle due parti, esista una vasta area fatta di persone che sono aliene dalle cristallizzazioni nazionali e linguistiche.

Ma già nel 1926 cominciò un'inversione di tendenza che avrebbe avuto esisti drammatici. Nel 1928 fu nominato primo segretario del partito bolscevico ucraino Kosior, un polacco del Donbas, che non imparò mai l'ucraino. Accanto alla repressione della cultura ucraina e alla collettivizzazione forzata, il prelievo forzoso di grano e sementi voluto dal Cremlino portò nel 1932-33 alla catastrofica carestia artificiale (o Holodomor) nella quale perirono da 3 a 7 milioni di ucraini, secondo le diverse stime degli storici (in quegli anni furono sospesi i censimenti nell'Urss e un'intera generazione di demografi fu eliminata nelle purghe). Lo Holodomor falcidiò anche la regione di Luhans'k (dal 1935 ridenominata Vorošilovgrad); meno duramente colpita fu la regione di Donec'k (allora Stalino).

Holodomor e Seconda guerra mondiale furono una doppia catastrofe demografica per gli ucraini. Nel giro di poco più di un decennio il numero dei russi crebbe, in totale, da 78 a 100 milioni, mentre gli ucraini scesero da 31,2 a 28 milioni. Tutto ciò fece aumentare la presenza russa nell'intera Ucraina sud-orientale e specialmente nel Donbas.

La campagna di russificazione condotta sotto Brežnev ebbe risultati importanti. Aumentò la quota di ucraini russofoni e di quelli bilingue. Nel Donbas, anche a causa dell'assenza fino alla seconda metà degli anni Sessanta di un'università e quindi di uno strato intellettuale depositario della cultura nazionale, la russificazione degli ucraini fu 5 volte maggiore che nella media nazionale: nel 1979 raggiunse il 35% del totale, a cui va aggiunto un 45% di bilingue, con solo il 20% di puri ucrainofoni (dati comparabili solo con quelli della città di Kyiv e della Crimea)

 

Il Dombas oggi

Ciò nonostante, non esiste attualmente alcuna regione dell'Ucraina in cui gli ucraini non siano la maggioranza della popolazione, tranne la Crimea. In tutto il Donbas i russi sono il 38-39% della popolazione e anche nelle città la loro prevalenza è minima: ad esempio a Donec'k i russi sono il 48.15 % degli abitanti e gli ucraini il 46.65. E tutte le regioni hanno votato nel 1991 maggioritariamente per l'indipendenza dell'Ucraina, con percentuali sempre superiori alla quota di popolazione ucraina residente; quindi con il voto favorevole di molti russi: il 54% in Crimea, il 77% nella regione di Donec'k, l'84% in quella Luhans'k, l'85% in quella di Odessa.

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Sul piano linguistico, nel Donbas i russofoni sono circa il 70-80% del totale degli abitanti e prevalgono nelle città o province più densamente popolate, mentre sono più numerose le contee ucrainofone. La questione nazionale e linguistica dell'intera Ucraina sud-orientale non ha perciò un carattere propriamente territoriale, poiché non si può parlare, a rigore, di regioni interamente "russe" o "russofone", nel senso che le città e le contee russofone sono spesso delle enclaves all'interno di un territorio ucrainofono.

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Il che indebolisce molto, non solo il secessionismo (che è già debole di per sé visto che si tratta di azioni illegali e violente), ma anche il cosiddetto federalismo. Dal punto di vista delle discriminazioni linguistiche, i sondaggi condotti annualmente dall'Istituto di sociologia dell'Accademia delle Scienze di Kyiv (NAN), mostrano dati significativi: la percentuale di ucraini russofoni che lamentano episodi di discriminazione linguistica è scesa dall'8,6% del 1994 al 3,7% del 2012, mentre è cresciuta la quota degli ucrainofoni che si sono sentiti discriminati (dal 6,8% all'8,4%); si tratta comunque di percentuali minime, che confutano clamorosamente i presunti pericoli di discriminazione linguistica in Ucraina. Una ricerca del 2007 relativa agli usi linguistici, condotta dal medesimo Istituto, ha attestato che in Crimea e Donbas la percentuale di parlanti che utilizzano privatamente solo l'ucraino è dell'11,8% un dato che scende all'8,6% se ci si riferisce all'uso pubblico.

Tutti questi dati fanno riflettere sul carattere spesso strumentale dei pretesi attentati alla libertà linguistica; il sovradimensionamento dell'uso del russo, nell'intera ucraina, è misurabile per esempio dal numero degli ucraini di madrelingua russa, che assommano al 29% della popolazione, mentre i russi etnici in Ucraina sono circa il 17%. Tutto ciò si spiega con la plurisecolare dominazione amministrativa e scolastica del russo, con l'esistenza dei divieti relativi all'uso dell'ucraino che sono stati in vigore nell'Impero zarista dal 1863 al 1905, con la russificazione diretta e indiretta praticata durante l'epoca sovietica. Per cui, la forza intrinseca della lingua russa è tuttora consistente, benché siano molte diminuite in Ucraina le scuole che impartiscono le lezioni esclusivamente in russo (ma non nel Donbas).

Dunque l'unicità dell'ucraino quale lingua nazionale, adottata nel 1989 dall'Ucraina sovietica e confermata dal nuovo Stato indipendente, la cui Costituzione prevede altresì la "protezione della lingua russa", rappresenta in realtà una sorta di "discriminazione positiva" in favore dell'entità più svantaggiata. A maggior ragione ciò è valido per il Donbas. Comunque, la legge del 2012 Kolesnyčenko-Kyvalov, voluta dal Partito delle Regioni di Janukovyč, ha riconosciuto lo status di lingua regionale ufficiale ad ogni lingua parlata da più del 10% degli abitanti delle singole regioni. Il Parlamento centrale aveva votato l'abrogazione di questa legge subito dopo la fuga di Janukovyč, nel febbraio 2014, ma essa non è stata promulgata dal capo provvisorio dello stato, Turčynov. Quindi la legge è tuttora in vigore.

Va infine notato che la Federazione Russa non garantisce eguali diritti alla lingua ucraina nel suo territorio, che è parlata da almeno 3 milioni di persone secondo il censimento del 2001. Non esistono infatti scuole ucraine in Russia e in pochi istituti scolastici (8 in tutta la Russia) viene impartito un insegnamento facoltativo dell'ucraino. La Crimea potrebbe adeguare anche in questo campo la propria legislazione a quella russa, benché circa il 25% dei residenti siano ucraini.

Dal punto di vista economico e produttivo, il Donbas (soprattutto l'oblast di Donec'k) dà un contributo importante (12,1%) al prodotto interno lordo ucraino, superiore a quello delle regioni occidentali, ma si tratta di un'economia sussidiata in ragione del carattere tecnologicamente obsoleto delle proprie industrie e miniere: l'oblast di Donec'k ha ricevuto nel 2013 un terzo di tutti i trasferimenti centrali alle regioni, mentre le aziende private hanno ricevuto sussidi e rimborsi di un terzo superiori alle imposte pagate.

Un sondaggio condotto poco dopo l'annessione della Crimea dal Pew Research Center, indica che il 70 % degli abitanti dell'Ucraina orientale sono contrari alla divisione del Paese (contro il 18% di favorevoli); anche la maggioranza dei russofoni, il 58%, si dichiara contraria alla secessione, mente il 27% di essi è favorevole. Per contro, il 61% dei cittadini della Federazione russa è oggi convinto che ci sono regioni dell'Ucraina che appartengono in realtà alla Russia.

Pur con tutte le sue problematicità, il Donbas era comunque riuscito a conservare per secoli un equilibrio e la pace interna. Oggi, invece, è diventato un campo di battaglia per responsabilità di chi ha voluto soffiare sul fuoco delle rivalità e armare la mano degli avventurieri autoproclamatisi "separatisti".