Regione Lombardia: no alle moschee, sì alla politica della paura
Istituzioni ed economia
La misura, nel vero senso del termine, della nuova legge regionale che la Lombardia si è data (votandola nel Giorno della Memoria) per i nuovi luoghi di culto sta nelle parole del capogruppo leghista Massimiliano Romeo: "Mi dispiace per il Pd che vorrebbe una Moschea ogni 50 metri".
Un'iperbole, ovviamente, ché nessuno (del Pd o no) ha mai auspicato simili concentrazioni, semmai tutto il contrario: il senso di permettere la costruzione di qualche Moschea sta proprio nel non avere miriadi di piccoli centri culturali, clandestini o no, incontrollati e incontrollabili, quelli sì luoghi di facile recruitment per agitare fucili o bombe in giro per l'Europa.
La legge regionale non dice nulla di nuovo sulle intenzioni della Lega Nord – cui s'accoda il resto del centrodestra lombardo – a riguardo dell'agibilità religiosa per i musulmani. "No all'islamizzazione della Lombardia", ha commentato trionfante un altro leghista, Roberto Anelli.
L'obiettivo era quello. Per perseguirlo – evitando il più possibile i pareri di incostituzionalità, anche perché l'ufficio legislativo della Regione stava per mettersi di traverso – si sono inclusi nelle nuove norme (che la destra lombarda prega vengano considerate "di stampo urbanistico") anche i luoghi di culto cattolici e in generale quelli con un'intesa con lo Stato, e perfino gli oratori.
Parcheggi che coprano il 200% della capienza dei luoghi di culto, valutazione d'impatto ambientale acustica, videosorveglianza obbligatoria, possibilità di referendum comunale, rispetto del "paesaggio lombardo". Per le religioni senza l'intesa, quindi per l'Islam, anche il parere obbligatorio di una speciale commissione regionale di nuova costituzione. Già che ci siamo, una struttura in più, una burocrazia aggiuntiva.
Ci si stupisce? Se l'obiettivo è evitare "l'islamizzazione della Lombardia", non ci si deve stupire. Obiettivo raggiunto? Per niente. Perché la presenza della religione islamica in Lombardia è un dato di fatto da decenni.
Ora, è vero che l'Isis genera sempre più paura. Ma la politica ha scelto di abdicare al ruolo di governare mitigando i fenomeni sociali e culturali che generano preoccupazione. Ha deciso, fino in fondo stavolta, di lasciarsi trascinare dalla paura della gente: una decisione rispettabile, dato che siamo in democrazia, ma per ciò stesso contestabile nel merito.
È più comodo gridare al lupo ed erigere muri, in mancanza delle Mura. E richiamare lo strumento referendario, dando in pasto un diritto costituzionale al più scontato dei "Not in my backyard". Questo non è governo, è altro. Governare non significa assecondare, e forse giocare ad accrescere, in una sorta di strategia della guerra perpetua, le paure delle persone, sperando in un ritorno elettorale; governare dovrebbe significare trovare soluzioni razionali a paure irrazionali, ridimensionare la percezione dei pericoli e rendere possibile una convivenza pacifica, creando, con le parole e con i fatti, un clima di reciproca fiducia.
Sul profilo costituzionale parleranno i costituzionalisti. Sul profilo sociale, si tratta del più grande inganno che il centrodestra lombardo potesse riservare ai suoi stessi elettori.
È esattamente per contrastare il rischio (non importa se reale o immaginario) di propaganda del terrorismo che servono strutture facilmente controllabili. Condannare di fatto i musulmani lombardi a pregare negli scantinati crea invece decine di possibili "cellule" di arrabbiati. Come i primi cristiani quando dovevano scendere nelle Catacombe.
Sul profilo politico, infine, l'autogol del centrodestra non leghista, sempre più "in cerca d'autore", è smascherato per chi ha la memoria lunga (o un minimo di voglia di usare Google). Nel 2010, in sede di approvazione del piano di governo del territorio del comune di Milano, passarono due emendamenti di Rifondazione con cui si garantiva "a ogni culto" la possibilità di chiedere aree per costruire luoghi di preghiera.
Questi emendamenti passarono grazie al voto determinante del Pdl, i cui pezzi oggi ritengono più produttivo inseguire la Lega per non farsi sorpassare. Intanto milioni di elettori se ne sono già andati. E con queste premesse (a cui aggiungere, perché no, l'innamoramento per il decisionismo di Putin), non torneranno facilmente.