Solidus grande

I riferimenti impiegati per comprendere i problemi delle economie, che vengono comunemente usati nelle decisioni di politiche fiscali o monetarie, sono stati tutti elaborati al tempo in cui la moneta aveva un sottostante di riferimento che ne limitava l'emissione (sostanzialmente l'oro).

Viene spontaneo domandarsi se questi sistemi interpretativi (keynesiano e monetarista) restino validi in tempi in cui la moneta ha profondamente cambiato la sua natura.

Nel primo dopoguerra è stato adottato un sistema monetario ibrido (gold exchange standard) legato alla convertibilità aurea del dollaro, che ha permesso una maggiore libertà di emissione, finché, negli anni 70, si è passati ad un regime monetario basato sulla mera fiducia in una moneta il cui valore è garantito solo dalla capacità geoeconomica e geopolitica dell'emittente americano.

La prima conseguenza di questa novità storica sulla natura meramente fiduciaria della moneta (mai prima d'ora sperimentata: i casi dei sesterzi sviliti con leghe improprie, usati da vari imperatori nel III secolo hanno avuto vita breve e sono presto terminati con il "solido" aureo, vedi soldo, di Costantino) è stata la possibilità di emettere moneta senza limiti, se non la fiducia nella sua accettazione.

Ciò ha consentito alle banche centrali di espandere gli attivi (creando moneta) a livelli mai visti prima nella storia (anche in riferimento al PIL), alimentando una massa monetaria largamente in eccesso ai fabbisogni di servizio alle transazioni commerciali e alle tipiche funzioni di risparmio. La moneta (meramente fiduciaria) è diventata un bene in sé, oggetto di un mercato di capitali sostanzialmente autonomo dai contenuti dei beni trattati. Così accade che un titolo di proprietà (azione) di un'azienda possa essere trattato a dieci volte il suo utile atteso per poi passare a venti volte, senza che vi siano specifiche attese di un maggior profitto dell'azienda.

Il riferimento che guida tutti i valori mobiliari è diventato il tasso di interesse fissato dalle banche centrali rispetto al quale vengono "arbitrati" gli altri rendimenti, azioni incluse.

Questo mercato finanziario ha oramai raggiunto un volume tale che, con i suoi movimenti, sovrasta le transazioni per il saldo delle operazioni commerciali tra aree monetarie diverse e ciò ha portato alla perdita della funzione del cambio come misura della competitività tra economie e in particolare rispetto all'economia del Paese "principe" emittente (Usa).

A questa anomalia che impedisce il riequilibrio spontaneo di competitività, si è sommata la progressiva integrazione nel WTO di nuove economie con costi dei fattori produttivi profondamente diversi (vedi Cina) che hanno potuto esportare i loro prodotti senza incontrare tariffe doganali, impedite dalle regole WTO.

Dal combinato disposto di un cambio divenuto insensibile ai disavanzi commerciali e dalla rinuncia a barriere doganali è originato il più che decennale deficit commerciale americano per valori che oscillano intorno ad 800 mld di $ anno. Dato che certifica il continuo trasferimento della produzione fuori dal Paese. Tuttavia, questa " nuova economia" della moneta fiduciaria pura, che pare non trovare limiti, induce effetti sociali che alimentano nuove tensioni politiche nelle due principali aree economiche del mondo.

Innanzitutto negli Stati Uniti dove la produzione di beni è stata progressivamente smantellata a favore di importazione dai Paesi a basso costo del lavoro (principalmente Cina) e dove le stesse imprese americane hanno trasferito le loro produzioni. Il capitalismo americano si è "finanziarizzato" negli Stati Uniti per restare industriale in Cina, contribuendo (finora) alla stabilità sociale cinese ed aprendo una "rottura sociale" in America, perché l'industria da lavoro coinvolge nel reddito masse di percettori, mentre Wall Street da ricchezza a pochi che godono di utili fatti in altri Paesi e che diventano sempre più ricchi.

Negli Stati Uniti il 10% della popolazione detiene ora il 70% della ricchezza e il "sogno americano", che aveva alimentato il mito di un Paese dove la libertà era premessa di promozione sociale, vacilla ed alimenta il populismo trumpiano.

Ma anche in Cina gli effetti di questa economia "globale" dove il profitto non ha bandiere, se non la misura di se stesso, avrà effetti sociali e politici. Il numero di miliardari cinesi è oggi secondo solo agli Stati Uniti e ciò pone senz'altro un problema identitario a un regime governato da un partito unico" comunista" e anche un problema economico perché la Cina non potrà facilmente rinunciare all'integrazione con le economie occidentali che l'hanno finanziata e sostenuta con trasferimenti di tecnologia, senza dover affrontare una riconversione con effetti sicuramente depressivi sulla crescita e sulla stabilità sociale.

Insomma, la moneta senza "limiti" ha portato un'economia senza confini. La funzione equilibratrice di competitività del cambio è scomparsa, la massa monetaria ha raggiunto livelli mai visti (18 volte il PIL del G20), la ricchezza si è concentrata nelle mani di pochi, la redistribuzione avviene tra aree economiche di culture e regimi politici diversi creando nuovi scenari politici interni ed internazionali.

Vedete un po' cosa può succedere, quando gli imperatori provano a garantirsi il consenso con una moneta "tosata". Finiremo per dover tornare, come nel terzo secolo, al Solidus di Costantino?