Il taglio dei parlamentari è la ‘legge Acerbo’ del nuovo fascismo italiano
Istituzioni ed economia
Il taglio dei parlamentari non è una riforma costituzionale come la legge Acerbo nel 1923 non fu una riforma elettorale. Sono entrambe – mutatis mutandis – le conseguenze di una presa del potere da parte di forze avverse alla democrazia parlamentare e alla libertà politica e le premesse del consolidamento di un “nuovo” regime.
L’assenza di manganelli materiali, nell’abbondanza di quelli immateriali, rende formalmente meno eversivo e non criminale il referendum su Roma, come l’ha definito pertinentemente Fabio Cammalleri, rispetto alla marcia su Roma del 1922, ma non ne rende meno sinistro il disegno e meno torbido il fondo ideologico, da cui i nuovi quadrumviri, Di Maio, Salvini, Meloni e Zingaretti provano a pescare le cosiddette “ragioni” dell’operazione.
In politica comandano le idee, non i dispositivi costituzionali e istituzionali, di cui le idee si rivestono e in cui si dissimulano. Una riforma costituzionale e una legge elettorale si legge a partire dagli attori che la interpretano e dalla cultura che l’agisce e che vi si esprime.
La legge Acerbo non era così diversa da tante leggi con premio di maggioranza che sul piano nazionale, regionale e locale hanno ordinato la competizione elettorale nella cosiddetta seconda repubblica. A fare la differenza era il fatto che a proporla e usarla fossero i fascisti, per finalità fasciste. Come è noto, peraltro, la legge Acerbo non servì a Mussolini per guadagnare alcun premio, visto che nelle urne del 1924 il “listone” fascista con candidati indipendenti “al di fuori, al di sopra, e contro i partiti” (tutto torna in Italia, soprattutto il peggio) superò il 60% e con liste superfasciste fiancheggiatrici raggiunse i 2/3 dei voti.
Una legge che nasce dalla convinzione che i seggi siano “poltrone” e gli eletti dei fannulloni, parassiti e ladri, che vanno tolti di mezzo per restituire la libertà al popolo è una legge che ha premesse e conseguenze politiche diverse da quella di una mera razionalizzazione quantitativa della composizione delle camere. Fare finta di non vedere la moderna fascisteria, lo squadrismo ideologico, l’odio anti-democratico e anti-pluralistico che rimbomba dietro le parole che mobilitano le truppe del Sì è la cosa più vile che le forze nominalmente non populiste potevano fare – e l’hanno fatta.
Come il fascismo ha usato il disordine contro il disordine e la violenza contro la violenza regalando un’illusione di “stabilità” con la forza del manganello, così l’antipolitica guidata da un personaggio che sembra uscito da un B-movie sul cettoqualunquismo politico e siede alla Farnesina circondato da famigli e lacchè e piazza ovunque vi sia un pezzo di potere compagni di scuola e spicciafaccende... così - dicevo - con questa faccia, con questa contraddizione incongrua ma pure così comune, l’antipolitica vuole regalare all’Italia un’illusione di onestà e di pulizia. Perché, c'è forse chi è contro la pulizia e l’onestà, o contro l’ordine e la disciplina?