trumperdogan grande

La Nato rappresenta l'alleanza militare dei Paesi con regimi politici finalizzati a difendere la libertà degli individui, in opposizione a quelli autoritari o totalitari. Lo scopo di tale alleanza militare è, prima di tutto, difendere quei valori universali. Non avrebbe senso, d'altronde, concepirla come "alleanza pragmatica" tra Paesi che hanno provvisori interessi convergenti.

Ma che succede se un Paese membro come la Turchia, che da anni sta scivolando in modo sempre più irreversibile verso l'autoritarismo, prende un'iniziativa militare unilaterale, e aggredisce un territorio con lo scopo (coperto da motivazioni risibili) di eliminare o disarticolare la comunità che lo abita? È una domanda che è legittimo porsi, perché ha implicazioni di lungo termine, che travalicano gli odiosi e orribili effetti del conflitto armato.

La risposta più logica è che tale iniziativa intacca irreversibilmente la credibilità di tutta l'alleanza, svuotandone di significato la mission di difesa dei valori e degli obiettivi di una società libera. La trasfroma in un'associazione di stati tenuta insieme dall'opportunismo contingente, ma di cui non si capisce più l'utilità o il senso strategico.

Ma la credibilità della Nato e del sistema di difesa dei "valori occidentali" è un'estensione della credibilità degli Stati Uniti. Ed è difficile non interpretare la paradossale mossa di Trump di togliere il sostegno alla comunità dei curdi siriani, che hanno combattuto duramente l'Isis e hanno mostrato sempre lealtà e affidabilità nei confronti degli alleati, come un colpo molto duro alla credibilità americana, come Paese garante dei valori liberali.

I curdi siriani vivranno dolorosamente, sulla loro pelle l'aggressione di Erdogan, e c'è il rischio che il conflitto si trasformi in una nuova tragedia. Ma il fatto che gli Stati Uniti abbiano implicitamente approvato questa aggressione arbitraria da parte di un Paese Nato, e che nessuno degli altri partecipanti europei all'alleanza mostri una seria preoccupazione né sia in grado di opporvisi in modo credibile, sembra un segnale molto grave di una crisi del sistema dei valori e delle istituzioni occidentali di cui l'alleanza è l'espressione militare.

Una crisi che invita a riflettere seriamente anche sull'idea, oggetto di scontro tra tifoserie sovraniste e globaliste, di "multilateralismo". È davvero mai esistito? Non era, piuttosto, un'illusione di ordine giuridico internazionale "indipendente" resa possibile dal fatto che una potenza militare capace di una supremazia globale, governata da solide istituzioni e tradizioni a garanzia dell'individuo, poteva esercitare un "law enforcement" internazionale?

Dal momento in cui la credibilità sostanziale di quella potenza viene meno, anche l'illusione che si possano sostituire le procedure e le norme, i summit e le discussioni tecniche, all'assunzione diretta di responsabilità politiche, anche nelle relazioni internazionali, sembra essere svanita.