Theresa May grande

Il voto di ieri del parlamento inglese non è il fallimento, ma il vero compimento della Brexit. La Brexit è quella cosa lì. Il disordine istituzionale, il commercio politico caotico di sentimenti e risentimenti, l’alienazione dalla realtà dei fatti, dell’economia e perfino della geografia, che non assiste più da tempo il Regno Unito nelle sue ambizioni insulari e imperiali e ne fa una piattaforma globale innanzitutto perché integrata nel mercato e nelle regole del continente mai amato e pure mai così necessario da quella parte della Manica.

La Brexit è stata la furbizia suicida di Cameron, che ha fatto un referendum per vincere e per archiviare dopo un braccio di ferro negoziato e recitato con Bruxelles il problema dell’Ukip ed è stato giustiziato dagli elettori affascinati dall’illusione di “riprendere il controllo” di se stessi e del proprio Paese.

La Brexit è stata la commedia degli equivoci e delle maschere dentro il mondo conservatore, dove ha schiantato alla fine sia i favorevoli che i contrari e per ultima la May, sempre sul filo dell’ambiguità tra l’omaggio alla volontà popolare e le esigenze di un negoziato necessario e impossibile, per scacciare l’incubo del No Deal, che oggi sembra l’unica via possibile per la Brexit.

La Brexit è stata la schizofrenia laburista divisa tra un elettorato maggioritariamente pro-remain e un leader come Corbyn ideologicamente anti-europeo e pure capace di galvanizzare il Regno Unito con un sinistrismo retrò, che ha tante parentele con i sentimenti e con i clichè della destra nazionalista.

La Brexit è stata la crisi di nervi e di identità della più antica e gloriosa democrazia del mondo, il riflesso più retrivo della società più internazionalizzata, la manifestazione esemplare del populismo referendario, il coacervo di contraddizioni materiali e spirituali che affligge tutte le società avanzate e spaccate tra chi costruisce il futuro e chi rimpiange il passato, tra le nuovi città e il vecchio contado, tra il locale e il globale.

La Brexit è stata la manifestazione monumentale dell’insostenibile leggerezza della sovranità, dell’evanescenza politica della grande e sinistra utopia del tempo nostro, della irrimediabile fragilità di una illusione di potenza costruita su una condizione di impotenza e di disperazione collettiva.

La Brexit è stata tutto questo e sarà molto altra ancora, perché non è finita e non ha finito di fare danni.

@carmelopalma