bonino grande

Estratto dell’intervento di Giuliano Cazzola all’evento "Più Crescita, Più Lavoro, Più Europa - presentazione del programma economico della lista +Europa con Emma Bonino"

Il mio endorsement non avrà il medesimo riscontro mediatico di quello di Romano Prodi per ‘’Insieme’’. Io comunque voterò per la lista ‘’+Europa con Emma Bonino’’. Ho seguito questa esperienza con interesse fin dai suoi primi esordi quando immaginare la partecipazione alla competizione elettorale sembrava un’avventura. Ora ne sono pienamente convinto, dopo aver ascoltato gli interventi di oggi, ma soprattutto per aver trovato la bandiera europea sulle sedie (Macron durante la campagna elettorale invitava i militanti a fase lo stesso). Immagino poi che alla fine della manifestazione – senza nulla togliere all’Inno di Mameli – verrà suonato l’Inno alla Gioia, come faremo anche la notte del 4 marzo.

Un leader politico del secolo scorso soleva dire che i programmi sono bandiere piantate nella testa della gente. Io credo in questa affermazione. Nella campagna elettorale, che arriva per fortuna alla fine, di parole ne sono state scritte e dette tante. Troppe. E quasi sempre a sproposito. Per orientare il mio voto, invece, ne bastano quattro: globalizzazione, Europa, euro, accoglienza. Quando si scelgono alcuni valori fondamentali, si scelgono anche i disvalori; quando si individuano gli amici che quei valori condividono si scoprono anche i nemici, che li avversano. E con questi orizzonti, le alleanze, le politiche, le azioni di governo, le leggi – se coerenti con queste idee generali – divengono corollari, assiomi; seguono, come l’Intendenza.

Cominciamo dalla globalizzazione: l’internazionalizzazione dell’economia non è stata e non è una resa alle imprese multinazionali, ma ha rappresentato il più ampio e profondo processo di emancipazione dei popoli ed ha liberato dalla fame e dall’indigenza miliardi di persone che i tanti ‘’ismi’’ del secolo scorso avevano umiliato ed oppresso. La globalizzazione ha allargato i confini del benessere a favore delle popolazioni più svantaggiate, ma tale processo economico è andato a beneficio anche dei paesi a più alto reddito perché un mercato più ampio e con maggiori disponibilità è un vantaggio per tutti. Un mondo di mercati integrati porta benefici importanti alla maggior parte della popolazione mondiale. Il problema attuale è il difetto, non l’eccesso di globalizzazione. La produttività diventa quindi un fattore essenziale della competitività e ciò richiede un mercato del lavoro più flessibile. Ecco perché in Italia – per farla breve – dobbiamo assolutamente difendere quelle riforme del lavoro attuate nella XVII legislatura a consolidamento di un processo iniziato vent’anni or sono e proseguito con difficoltà, contrasti e costantemente rimesso in discussione delle forze politiche e sociali rimaste prigioniere di una concezione tolemaica del mondo produttivo e del lavoro. In tale ambito, le liberalizzazioni sono una componente essenziale della produttività. E la vera riforma della pubblica amministrazione non consiste nell’importare modelli privatistici di gestione del personale e della struttura burocratica (Margaret Thatcher soleva dire che non si trasforma un mulo in una zebra dipingendolo a strisce), ma nel consegnare al mercato privato quei servizi che possono essere meglio gestiti secondo quelle regole, pur conservando nel perimetro pubblico tutto quanto deve e può essere gestito solo da esso.

Europa significa dire no a quelle che Emmanuel Macron ha definito le ‘’passioni tristi’’ del Vecchio Continente: nazionalismo, identitarismo, protezionismo e sovranismo. ‘’Passioni tristi’’ che non sono un retaggio del passato, ma risultano ancora presenti, tornano davanti a noi e seducono masse che si proclamano popolari, ma sono soltanto plebee. Anche l’antifascismo tornato in auge in queste ultime settimane ha un odore stantio (pur essendo un valore sacrosanto e fondativo). Le manifestazioni prendono di mira un fascismo da operetta, mentre quello di nuovo conio – contro il quale la democrazia è indifesa – si candida a vincere le elezioni – da solo o in alleanza con altri – e a governare il Paese.

Essere per la moneta unica significa innanzi tutto rigore nei conti pubblici e riforme di sistemi di welfare divenuti insostenibili. Non è vero che l’austerità ha aggravato la crisi; ha consentito di affrontarla e superarla senza esserne travolti. Tutte le linee alternative hanno dovuto arrendersi all’evidenza. I Paesi che hanno i conti più in ordine sono quelli che crescono di più.

Quanto all’accoglienza occorre avere un atteggiamento insieme solidale e rigoroso nei confronti dell’immigrazione: un fenomeno di carattere strutturale riconducibile ad elementi ambientali, demografici ed economici destinati a durare nel tempo e a cambiare la struttura della popolazione dell’Europa. Diciamoci la verità: la ‘’razza bianca’’ - lo diciamo al leghista Fontana - non la faranno sparire gli immigrati. Si sta suicidando da sola, con le sue stesse mani, con i suoi stili di vita e con i virus del declino etico. Sarebbe il caso, poi, di considerare il fenomeno dell’immigrazione da un altro punto di vista. Io non voglio evocare ‘’ corsi e ricorsi storici’’ o ‘’leggi del contrappasso’’, ma i profughi vengono da noi a riprendersi le briciole di quanto abbiamo sottratto a quelle popolazioni durante secoli di colonialismo. La condizione di benessere di cui godiamo, gli ordinamenti sociali di cui siamo fieri non ce li ha concessi l’Onnipotente: qualcuno lo ha pagato per noi, depredato delle sue ricchezze, delle materie prime e delle risorse umane che sono state alla base del nostro progredire verso punti di arrivo che mai si erano visti nella storia dell’umanità. Ma proprio per il modo con cui si sono formati, investendo su di essi gran parte delle risorse del resto dell’umanità, sono divenuti sempre più difficili da difendere e mantenere, quando la storia ha cominciato a cambiare corso.

Per concludere, dobbiamo una risposta a Laura Boldrini, la quale ha affermato che nel programma di ‘’+Europa’’ non c’è niente di sinistra. Noi replichiamo che di quella sinistra lì non ce ne può fregar di meno. Ma vogliamo rispondere alla presidente della Camera anche in maniera più compiuta attraverso le parole di Vittorio Foa. A un giornalista che gli chiedeva che cosa significasse essere di sinistra oggi rispondeva così: ‘’Pensare agli altri e al futuro’’. Poi dopo un attimo di riflessione aggiungeva: ’’anzi, pensare agli altri nel futuro’’.