Berlusconi facepalm

L'introduzione di una moneta nazionale parallela all'euro è contraria ai Trattati europei: se c'era da fugare qualche dubbio, ieri la Commissione Europea lo ha ribadito in modo netto, commentando informalmente la proposta lanciata dal leader di Forza Italia Silvio Berlusconi.

"L'articolo 128 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea specifica che le banconote dell'euro emesse dalla Banca centrale europea e dalle banche centrali nazionali devono essere le sole banconote di questo tipo ad avere lo status di valuta legale all'interno dell'Unione", ha spiegato all'AGI un portavoce della Commissione. Una moneta parallela sarebbe contraria alle regole comunitarie se ci fosse "l'obbligo legale di pagare o accettare pagamenti" in questa valuta anche solo a livello nazionale, ha sottolineato ancora il portavoce dell'esecutivo di Bruxelles.

Oltre all'impossibilità formale e giuridica, la proposta si scontra anche con la razionalità economica. Entriamo nello specifico e chiediamoci - accantonando per un attimo il divieto dei Trattati - che forma avrebbe questa moneta parallela e che effetti produrrebbe.

Prima ipotesi, molto blanda: il ritorno al regime che abbiamo avuto tra il 1999 e il 2001; le banconote e le monete di lire circolavano tra gli italiani, ma esse erano mere frazioni non decimali dell'euro, valuta già in vigore. Tale ipotesi sarebbe un inutile e costoso maquillage, senza effetti pratici se non la confusione: gli esercenti commerciali dovrebbero esporre il doppio prezzo, i turisti in Italia e gli italiani che si recassero nell'eurozona dovrebbero pagare le commissioni di cambio, ma la fissità del cambio euro-lira non farebbe cambiare la situazione di una virgola.

Seconda ipotesi: una moneta per gli scambi interni, con l'euro che invece continua a essere usato per esportazioni, importazioni e per le emissioni di titoli di stato. Tale valuta - con cui si presume lo Stato pagherebbe stipendi pubblici e pensioni - finirebbe presto per subire una svalutazione, a danno del potere d'acquisto degli italiani. Carburanti, energia, materie prime acquistate all'estero: sono solo alcuni esempi di prezzi che andrebbero probabilmente alle stelle, in termini di "nuove lire". Le transazioni più importanti - come le compravendite immobiliari o l'acquisto di un'automobile - continuerebbero con ogni probabilità a essere realizzate in euro, perché i cittadini tenderebbero a voler eliminare il rischio di cambio.

Terza ipotesi: l'emissione di "pagherò" con cui lo Stato risarcirebbe i debiti della Pa e magari erogherebbe in tutto o in parte gli stipendi pubblici. Si tratterebbe di una nuova forma di debito pubblico, che farebbe salire vertiginosamente il valore degli interessi sul debito, conducendo il Paese a un rapido default. Peraltro, non è da escludere che tali titoli al portatore (paragonabili ai "patacones" argentini, un fallimento emblematico degli anni che precedettero la grande crisi del 2001-2002) subirebbero una robusta svalutazione, perdendo di fatto potere d'acquisto.

Se l'obiettivo da traguardare diventa il default - diciamo provocatoriamente ai sostenitori delle nuove lire - tanto varrebbe evitare tanti pasticci e tanta agonia uscendo direttamente dall'euro. È in fondo la visione del leader della Lega Matteo Salvini, che in questo dimostra, ahinoi, di essere ormai l'originale di cui Berlusconi pare solo una versione appena temperata.

Peraltro, l'uscita dall'euro sarebbe un metodo certo per avere in Italia tutte le monete parallele che volete: a fianco alla liretta instabile ed erosa da inflazione e svalutazione, finiremmo per vedere circolare le monete cui i residenti italiani si affiderebbero per le transazioni più importanti, l'euro, il dollaro, il franco svizzero, forse addirittura lo yuan cinese. Com'era la storia della sovranità?