bonfante Copia

Non è oppio. Da quando mi son svegliato, da credente, sto pregando e non sento nessun sollievo, anzi, mi sta venendo addosso la violenza della realtà. 'La realtà esplose e io ne caddi fuori. È come in un incubo: tutto può accadere. Tutto', diceva un personaggio di Come in uno specchio di Ingmar Bergman.

Il vero oppio è il populismo che predica l'assenza di responsabilità che non siano di altri. La responsabilità non è mai mia né nostra, ma sempre degli immigrati, dei “burocrati di Bruxelles”, della Corte europea dei diritti umani, dei “buonisti”, delle lobby. È come se avessimo perso una partita di calcio e dessimo ogni responsabilità alle condizioni del campo, all'arbitro e al sistema. E forse bisognerebbe evitare di pensare che si possano controllare tutte le derive dell’umanità, illudendosi di contenerle in uno stadio di calcio. Ma questo è un altro discorso.

Come il populismo di un tempo usava il cinema e la radio, quello di oggi usa la televisione e internet, in maniera ancora più totalizzante. Il populismo non si limita a propagare mantra menzogneri ("Una bugia ripetuta più volte diventa verità", diceva Goebbels, con discreta competenza), ma aliena il popolo dalla realtà, con effetti simili ad un oppiaceo. Non a caso, lo storico George L. Mosse descriveva il nazismo come una religione con le sue liturgie, in grado di manipolare le menti, di far loro credere di vedere una realtà che non c’era e, in tal modo, di realizzarla.

La tragedia immane che si sta consumando è stata presentata come un guerra virtuale di like su Facebook o il risultato di un reality show. Da quale cultura proverrebbe, altrimenti, la commissione di sondaggi sul voto a poche ore dal risultato reale?

Il populismo sequestra la realtà, è “la politica che guida l’economia”, è “la sovranità che torna al popolo”, sono “i cittadini che riconquistano il potere”. Il populismo di oggi ha preso in mano la realtà e la ripresenta come virtuale, come fosse un videogioco dove, esaurite le vite, aspetti che si ricarichino e puoi ricominciare da capo. Proprio come in un videogioco — penso ai picchiaduro come Double Dragon — la realtà creata dal populismo è violenta, dove un politico ne “massacra” un altro, mentre “asfalta” quell'altro ancora, come se il mondo fosse la Manhattan di 1997: Fuga da New York.

Tutta colpa del populismo? Be’, sarebbe come dare colpa all’oppiaceo del proprio malessere: di certo lo alimenta, ma si stava male già da prima. L’Europa è malata da tempo, da almeno un secolo, se non di più. L’intuizione della condivisione delle risorse — la CECA, Comunità europea per il carbone e l’acciaio — è arrivata troppo tardi. Dopo avere massacrato decine di milioni di europei, dopo aver eliminato un intero popolo e un’intera cultura — l’ebraismo europeo prima di Auschwitz — non potevamo pensare di farla franca. Da non dimenticare, inoltre, che la Comunità economica europea e la successiva UE sono state create anche perché sotto tutela del blocco occidentale.

Ma nel momento dell’emancipazione, quando l’Europa avrebbe potuto tornare ad avere un ruolo politico, molti vogliono la vecchia Europa, senza contare, però, che senza colonie, schiavi e altri popoli al suo servizio, il loro sogno diventa un incubo non realizzabile. E allora preferiscono un altro incubo: quello di perdere i benefici della convivenza pacifica e magari di aprire le porte alla colonizzazione vera. Non quella degli immigrati, magari in cerca proprio della pace e prosperità prospettata in Europa, di una nuova “America”, ma quella delle attuali potenze economiche: emirati del Golfo, Russia e Cina.

Come il Mercato Unico Europeo ha portato a una diffusione su scala continentale dei diritti e alla libera circolazione dei cittadini, i soldi portano con sé i valori di chi li ha. Non ci illudiamo che chi porterà i soldi ora in Europa, avrà con sé anche stato di diritto e rispetto per la vita e dignità umana.

Certo, l’UE non è sempre quello che in principio dichiara di essere, ma almeno il principio c’è. Tuttavia, alla luce degli eventi, non possiamo eliminare il dubbio che l’UE sia (fosse) una grande illusione. Forse il declino dell’Europa era diventato inesorabile dopo le due guerre mondiali. Forse ci stavamo assuefanno a questa droga. Fatto sta che, come nell’uso di stupefacenti, il cambio di sostanza non porta solitamente a un miglioramento, anzi.

Colpisce che alcune religioni oggi facciano i conti con la realtà in misura maggiore di istanze laiche. Ad esempio, diverse chiese cristiane offrono una comprensione più realista delle migrazioni dei popoli e predicano un necessario incontro tra culture — anche e soprattutto tra quelle che sono storicamente nemiche — da preferire allo scontro e alla disgregazione.

Ma, evidentemente, non c’è più l’oppio di una volta.