Se la Merkel vince, vinciamo tutti
Istituzioni ed economia
Non c'è nulla di buono nell'avanzata degli xenofobi di AFD nelle elezioni regionali tedesche. Se non un monito, uno di più, sul fatto che la storia non è finita nemmeno in Europa e che il ritorno al nazionalismo che ha preceduto questi settant'anni di pace, democrazia, diritti ed emancipazione economica e sociale per centinaia di milioni di europei non è più un tabù ma un'opzione in campo.
Ha scritto Savater nella sua lettera pubblicata ieri da Repubblica: "Il progetto europeo nasce, come la stessa democrazia, da uno sradicamento: non si è europei per la purezza del ceppo, ma per le leggi condivise". Ciò vale per i nazionalismi e separatismi interni ai singoli paesi, quanto per quelli anti-Unione Europea.
Il tempo ci dirà se, nelle condizioni date, il voto di ieri sarà l'inizio di una capitolazione per Angela Merkel o piuttosto la dimostrazione della tenuta della sua leadership. Merkel scommette sulla capacità dell'Europa di essere una terra dove la convivenza e le decisioni sono basate sulle leggi condivise e producono forza nella libertà; i nazionalisti anti europei profetizzano il ritorno alla" purezza del ceppo" come riscatto dei più deboli e ritorno ad una mitologica età dell'oro.
Ora che anche la Germania - proprio la Germania - ha definitivamente perso la verginità politica, che ne aveva tenuto sgombro il campo politico da partiti della destra nazionalista e xenofoba, i fautori della società aperta governata dalla legge devono scegliere: inseguire e blandire i nazionalismi, oppure affrontarli con una strategia patriotticamente antinazionalista ed europeista.
Il tema dei migranti, cioè degli estranei, è quello più insidioso. La paura della diversità e della diluizione della propria identità culturale non è "giusta o sbagliata" ma semplicemente "vera" e diffusa, e come tale va affrontata. I partiti nazionalisti rispondono alla paura fomentandola e promettendo la chiusura dei confini, il ripiegamento reazionario sui diritti e il rifiuto della globalizzazione. Un programma illusorio, apodittico, ma efficace nel generare consenso tra quanti hanno o ritengono di avere ragioni di rivalsa contro la politica che ha guidato fino a qui i loro paesi e l'Europa.
La cancelliera Merkel ha messo in campo una visione ed una strategia alternative: mostrare che la Germania e l'Europa sono forti abbastanza per gestire la sfida dei migranti rispettando i propri principi e le proprie leggi e trasformandola in opportunità; che ci sono nell'Unione risorse finanziarie ed organizzative per assicurare asilo ai profughi legittimi e sicurezza (reale e anche percepita) ai cittadini.
La Germania, con la sua storia, è il centro geografico, demografico ed economico dell'Unione Europea, ma non solo per questo l'esito della sua sfida sui migranti è decisivo per le sorti del vecchio continente. Sul piano politico, a Berlino si sta giocando una partita che coinvolge il destino di tutte le forze politiche collocate nel solco liberal-democratico, quale ne sia la matrice storica: una partita che si può vincere unendo le forze e suddividendo il carico di responsabilità.
Sarebbe una sconfitta per tutti, potrà essere un successo comune, quello della sopravvivenza dell'Europa delle leggi comuni contro il ritorno alla supremazia della "purezza del ceppo" e a un nazionalismo non troppo diverso da quello che ha insanguinato la storia del Novecento.