Il ritorno della politica di potenza?
Istituzioni ed economia
Ci sono domande che contano più per ciò che assumono che per ciò che affermano: chiedere “La politica di potenza sta tornando?" suppone che un tempo questa sia stata diversa da come è oggi. In realtà la politica internazionale non è cambiata: è l’Europa che si sta vedendo costretta a tornare a pensare a ciò che ha per decenni trascurato, se non esorcizzato. Il ritorno della realtà, però, rischia di sorprenderla impreparata.
Consideriamo ad esempio il Medio Oriente e il Nord Africa. La “Primavera Araba” ha dimostrato che quasi nessuno degli Stati dell’area è in grado di democratizzarsi. Il tentativo egiziano sarebbe finito in una teocrazia fondamentalista, senza il tempestivo golpe di Sisi contro la Fratellanza. La democrazia irachena ha prodotto l’ISIS, appena è diventato chiaro che la maggioranza sciita filoiraniana non aveva intenzione di fornire garanzie ai sunniti, e stavolta non ci sarà nessun Anbar Awakening contro l’ISIS perché, tra tagliagole sunniti e tagliagole sciiti, per i sunniti è meglio, letteralmente, avere il coltello dalla parte del manico.
In Siria, comunque se ne uscirà, sarà un massacro, perché gli alawiti (sciiti) di Assad controllano lo Stato ma sono una minoranza: per vincere Assad ha bisogno di uccidere milioni di sunniti (per ora, ha superato quota centomila), ma, se per caso dovesse perdere, sarebbero gli alawiti a subire lo stesso destino.
Ben lungi dal poter risolvere questi problemi, l’Europa si è spesso nascosta dietro la mitologia delle “war for oil” per spiegare la politica estera americana, come se non fossimo soprattutto noi ad aver bisogno del petrolio arabo. La posizione europea si può riassumere col detto di Lupo Alberto: “Chi non fa niente, non fa niente di male”. Facile mantenere la coscienza pulita, se non la si usa.
Se il Medio Oriente cadesse in mani russe, l’Asia Centrale tornerebbe russa, e la situazione geopolitica europea diventerebbe tragica, dato che Mosca, controllando quasi tutte le risorse mondiali di gas e petrolio, potrebbe fare il bello e il cattivo tempo, e non solo in Europa Orientale. E tanti saluti alle teorie delle “war for oil”…
Gli Stati Uniti a queste cose ci sono abituati: per decenni hanno seguito il principio, di fondamentale importanza per il containment dell’Evil Empire russo, che i regimi autocratici siano preferibili a quelli totalitari (Con almeno un’ovvia eccezione: l’Arabia Saudita). Principio cinico, ma corretto, e che di fronte ad un’ideologia, come il comunismo, per cui milioni di morti erano un’inezia, ha salvato molti paesi e quindi vite umane.
L’Europa no, non si sporca le mani come i cowboy. L’Europa ha lasciato bombardare le pipeline georgiane dai russi, ha lasciato che la dipendenza energetica da Mosca arrivasse a un terzo del fabbisogno, ha distrutto lo Stato libico per sostituirvi un collage di stati ufficiali e ufficiosi misti a milizie di tagliagole, destabilizzando in seguito l’intero Nord Africa e provocando un disastro umanitario transnazionale.
Un’idea così improbabile come quella che la Realpolitik si fosse assentata dal palcoscenico della Storia non sarebbe mai venuta in mente a un Kissinger o a uno Sharon. Un mattino l’Europa si è svegliata e ha pensato che la politica di potenza fosse tornata nel mondo, mentre era solo la Storia ad essere tornata in Europa dopo quasi un secolo di vacanza.