Il presagio di Gianni Agnelli, per cui in Italia solo un governo di sinistra avrebbe potuto fare politiche di destra, oggi andrebbe rovesciato in una profezia uguale e contraria.

In Europa, infatti, solo la destra può resuscitare le illusioni gauchiste deluse dalla crisi finanziaria del welfare state e dal deterioramento dei fondamentali economici e demografici di un continente che, da frontiera ricca e militarmente assistita del fronte occidentale durante la Guerra Fredda, cavillando per un quarto di secolo sulle forme e i limiti di una possibile unità politica, rischia oggi di diventare una delle tante periferie del cosiddetto "mondo globale".

Destra nazionalista europea

Si sbaglia di grosso chi pensa che il successo dell'estrema destra faccia giustizia e tabula rasa dei bias moralisti della sinistra e ripristini un minimo di etica delle conseguenze in una politica troppo a lungo depistata, anche sui temi economici, da quella delle buone intenzioni.

Il "realismo" della destra anti-mondialista non è meno illusorio, quando in buona fede, né disonesto, quando in cattiva fede, di quello della sinistra anti-globalista e ne condivide il presupposto culturale di fondo, cioè l'interpretazione dei fenomeni di integrazione economica (con i relativi mutamenti dei rapporti di forza tra gli stati e all'interno degli stati) come forme surrettizie di espropriazione della sovranità democratica e di dominio politico delle élite economico-finanziarie nei confronti del popolo. La ragione per cui Salvini tuona contro l'Euro, che avrebbe azzerato la competitività dei nostri prodotti, non è affatto diversa da quella per cui il PCI si opponeva allo Sme.

La centralità del tema dell'immigrazione, su cui la sinistra conserva una remora solidarista, oggi favorisce evidentemente la destra, che è la sola che possa liberamente e profittevolmente abusare di un pensiero-contro sostanzialmente razzistico. Destra e sinistra estreme, tuttavia, condividono nella sostanza l'idea che l'immigrazione non sia un fenomeno legato al naturale riequilibrio demografico e alla mobilità di un fattore produttivo all'interno di aree sempre più prossime e integrate, ma un prodotto "sbagliato" di una causa "sbagliata".

La ragione per cui il "voto-contro" di destra (in Italia ripartito tra il partito lega-forzista e il non-partito grillino) oggi minaccia quel che resta della socialdemocrazia europea ha a che fare con la loro parentela ideologica, non con la loro estraneità. Mutatis mutandis, in senso qualitativo - anche se fortunatamente non ancora quantitativo - è un fenomeno analogo a quello che portò in Europa, tra la prima e la seconda guerra mondale, i movimenti fascisti e nazionalsocialisti a interpretare in modo vincente le istanze welfariste che la sinistra poteva solo limitarsi ad agitare in modo sterile e perdente.

Molte delle ultime elezioni in Europa hanno visto il trionfo delle vecchie identità politiche novecentesche. Una destra molto di destra e una sinistra molto di sinistra. Questa contrapposizione rischia però di occultare le tendenze di fondo e soprattutto i nodi della discussione politica nel vecchio continente, dove la vera divisione è tra chi spera (e invita a sperare) che la completa disintegrazione nazionalista di quel che resta dell'Ue possa rallentare o arrestare il declino e chi immagina invece che occorra preservare e, per come si può, rilanciare il processo di integrazione economica interna e internazionale dell'Europa delle quattro libertà, per restituire ai paesi membri concrete chance di crescita economica e civile.

La destra super-gauchista e la sinistra super-nazionalista, in questo scontro, stanno nello stesso campo di cui un decennio fa Giulio Tremonti tracciò i claustrofobici e nerissimi confini economico-ideali. Sono alleate, non nemiche. Sono due volti della medesima Reazione.

@carmelopalma