La concorrenza è un bene pubblico. Forza liberalizzazioni!
Innovazione e mercato
Più soldi in tasca, diciamogliela così agli italiani. Le liberalizzazioni servono anzitutto a questo, a rendere meno costoso ciò che compriamo: se posso evitare l'atto notarile per la compravendita di un garage o di una cantina, o risparmiare il 20-30 per cento su un antidolorifico acquistabile in parafarmacia, potrò usare i miei soldi in altri impieghi. Poi, allargando il campo e citando gli esempi positivi della telefonia mobile, dell'energia o dei viaggi aerei, possiamo aggiungere che liberalizzare significa permettere a molte più persone l'accesso a un prodotto o un servizio altrimenti impossibile: chiedete in giro chi, prima della liberalizzazione del trasporto aereo, poteva permettersi il weekendino a Praga o a Barcellona.
Infine, liberalizzare significa permettere a più persone di lavorare, di inventarsi un mestiere, di accedere ad una professione. Le regole servono per garantire qualità e sicurezza, non per creare caste e privilegi, insider fortunati e fottutissimi esclusi. La concorrenza è un bene pubblico, un valore da tutelare, un principio fondante di una società libera.
Come ricorda oggi Il Foglio in un editoriale, "l'Italia ha una differenza tra il Pil reale e quello potenziale (il cosiddetto output gap) che l'Ocse stima in un enorme 5 per cento". Le liberalizzazioni servono a questo, ad una migliore allocazione delle risorse private, a scatenare gli spiriti animali della competizione, ad aguzzare l'ingegno e a favorire dunque l'innovazione di processo e di prodotto. Qualche anno fa, nel fortunato saggio "Il liberismo è di sinistra", Alberto Alesina e Francesco Giavazzi scrivevano che un sistema aperto e competitivo è vitale anche per il mercato finanziario. "Senza lo stimolo della concorrenza le banche continuano a far credito ai clienti abituali, quelli che apparentemente possono dare tranquille garanzie. (...) Un giovane con un'idea brillante è tagliato fuori". Argomento sul lato dell'offerta, per dirla con gli economisti.
Settore per settore, sentiamo e sentiremo le dotte analisi di chi proverà a spiegarci - commentando il ddl sulla Concorrenza presentato oggi dal ministro Guidi e dal premier Renzi - perché è sbagliato far vendere i farmaci di fascia C nelle parafarmacie o perché gli avvocati debbono avere l'esclusiva della consulenza stragiudiziale o perché i notai sono essenziali per la vendita di quel benedetto garage. Eppure non c'è nessuna tutela maggiore per i consumatori di quella offerta dal combinato disposto di buona concorrenza, buoni controlli ex-post e buona giustizia. Liberalizzare è di destra, di sinistra e di centro. Liberalizzare è semplicemente intelligente e giusto.