Yu Gi Oh grande

Quando, il 30 settembre 1996, esordì il primo capitolo del manga sulla rivista Weekly Shonen Jump, l’autore giapponese Kazuki Takahashi sembrava non avere grandi aspettative: aveva già 34 anni, quando la maggior parte dei mangaka (gli autori di manga) generalmente iniziano la loro serie più celebre prima dei 30. Negli anni precedenti la maggior parte delle sue idee erano state scartate dagli editori a cui le proponeva. Ma quel giorno di settembre la sua vita cambiò: perché Yu-Gi-Oh!, manga celebre per il gioco di carte collezionabili ad esso legato, diede vita ad uno dei franchising di maggior successo a livello mondiale.

La storia di Takahashi è significativa perché dimostra come un idea, seppur nata con una certa impostazione, può evolversi in direzioni totalmente diverse e raggiungere traguardi inaspettati: all’inizio la storia seguiva le vicende di un liceale, Yugi Muto, alle prese con vari giochi da tavolo o di altro genere nei quali doveva eccellere per superare sfide pericolose (“Yu-Gi-Oh” in giapponese significa appunto “re dei giochi”) guidato dallo spirito di un faraone egizio rinchiuso in un manufatto in suo possesso. Il gioco di carte, che nella storia viene chiamato Duel Monsters, inizialmente doveva essere uno dei tanti, al quale dedicare non più di due capitoli. Tuttavia, l’editore Shueisha a cui faceva capo la rivista ricevette numerose lettere ed email da parte dei lettori che chiedevano maggiori informazioni su questo gioco, al punto che l’autore finì per concentrare tutti gli sforzi creativi in quella direzione.

Il risultato è che, a 25 anni di distanza, grazie ad una scelta casuale e non pianificata Yu-Gi-Oh! è diventato un media franchise che vale circa 17 miliardi di dollari: di questi, 9,6 miliardi sono dovuti alla vendita di carte, di proprietà dell’azienda Konami, 5,9 miliardi per i prodotti di merchandise, 964 milioni per la vendita dei manga, 377 milioni per i videogiochi, 152 milioni per le serie anime televisive e 42 milioni per i film usciti al cinema.

È importante notare come i prodotti di genere ludico, quali le carte e i videogiochi, abbiano un impatto maggiore di film e serie televisive: stando a un report di Milena Gabanelli, nel 2018 il 33% della popolazione mondiale faceva uso di videogiochi, circa 2,3 miliardi di persone. Il fatturato di questo mercato ammontava a 137,9 miliardi di dollari, superando il mondo del cinema (42 miliardi) e quello della musica (36 miliardi). Mentre per quanto riguarda il nostro paese, nel 2017 il 57% degli italiani dai 16 ai 64 anni giocava (circa 17 milioni di persone), generando un fatturato di un miliardo e 477 milioni di dollari.

Guardando ai singoli casi, basti pensare che i videogiochi dei Pokémon, il cui primo titolo ha esordito anch’esso nel 1996, oggi sono parte del media franchise più grande al mondo, del valore di 105 miliardi di dollari. Mentre per quanto riguarda i giochi di carte collezionabili, il primo al mondo ad essere inventato è Magic: l’Adunanza, ideato nel 1993 dall’americano Richard Garfield, e che nell’agosto 2020 poteva contare su 35 milioni di giocatori sparsi tra circa 70 paesi. Anche gli anime, i cartoni tratti dai manga, sono un affare sempre più redditizio: come spiegava nel gennaio 2021 il Financial Times, questo mercato valeva 24 miliardi di dollari nel 2019, e secondo alcuni esperti arriverà a valerne più di 33 nel 2026.

Ma i manga e gli anime posso avere un ruolo importante anche a livello politico. Basti pensare che in Cina la censura ha colpito duramente i fumetti e i cartoni giapponesi che vengono visti come non in linea con i dettami del regime: nel giugno 2015 il Ministero della Cultura cinese stilò una lista di 38 cartoni giapponesi di cui fu vietata la riproduzione online nel Paese, in quanto secondo il governo “incoraggiano la delinquenza giovanile, glorificano la violenza e contengono materiale sessuale”. Inoltre, lo stesso presidente Xi Jinping affermò che andavano promossi solo prodotti artistici “in linea con i valori fondamentali del socialismo”. A seguito della direttiva, 8 siti di streaming cinesi sono stati chiusi e altri 29 hanno ricevuto multe o avvisi. Per capire cosa intendesse Xi con “in linea con i valori fondamentali del socialismo”, va ricordato nel 2018 il governo cinese sostenne la produzione di The Leader, una serie animata sulla vita di Karl Marx.

In Italia Yu-Gi-Oh!, come molti altri anime, ha subito soprattutto censure legate a immagini di ragazze con parti intime troppo scoperte o con scene troppo violente per un pubblico infantile. Ciò è dovuto anche ad un malinteso di fondo: da noi questi è sempre stato visto come prodotti per bambini, mentre in Giappone viene classificato come uno shonen, ossia un manga per adolescenti maschi sopra i 12 anni. Esistono molti casi di anime che in Italia hanno subito numerosi tagli per renderli adatti ai più piccoli, mentre nelle versioni originali presentano molta più violenza e contenuti di natura sessuale.

In conclusione, le vicende di Takahashi e del suo lavoro dimostrano come questi prodotti possano avere un impatto economico, culturale e anche politico senza che questo successo sia stato pianificato a monte. Questo non vuol dire ovviamente che tutti quelli che ci provano hanno lo stesso successo: ci sono stati altri manga e anime, come Duel Masters e Cardfight!! Vanguard, che hanno cercato di adottare la stessa formula abbinando alle opere narrative dei giochi di carte nel mondo reale, ma non hanno avuto un riscontro paragonabile a quello di Yu-Gi-Oh!.