Psychonauts, cosa può dirci un videogioco sulla libertà e sul libero arbitrio
Diritto e libertà
Negli ultimi tempi, il concetto di “libertà” è stato spesso usato e abusato in ambito politico e mediatico: strumentalizzato dai no-vax, valorizzato in maniera seria solo da pochi, da secoli è alla base delle moderne democrazie e del nostro modello di società ideale. Tuttavia, affinché la libertà possa essere legittimata sul piano politico e sociale, occorre che si riconosca l’esistenza del libero arbitrio.
E qui sta il problema: da diversi anni, molti scienziati e filosofi hanno sostenuto che il libero arbitrio in realtà non esiste, in quanto ogni decisione che prendiamo sarebbe il frutto di processi chimici nel nostro cervello che esulano dal nostro controllo, a loro volta influenzati da informazioni insite nei nostri geni o da esperienze di vita che condizionano le nostre scelte, anche inconsciamente.
Un prodotto d’intrattenimento che può far capire in maniera semplificata se la nostra mente è condizionata da fattori incontrollabili, e se possediamo o no il libero arbitrio, è la saga di videogiochi Psychonauts, di produzione americana.
Partiamo dall’inizio: nel primo titolo, uscito nel 2005, il protagonista è Raz (diminutivo di Razputin), un bambino che sogna di diventare un membro degli “psychonauts”, agenti segreti dotati di poteri psichici che consentono loro di dare forma alla propria anima o coscienza, facendola entrare nelle menti altrui, dove combattono i sentimenti negativi che si manifestano sottoforma di mostri.
Infantile solo nelle apparenze, questo gioco offre una rappresentazione originale della psiche umana: ad esempio, quando Raz entra nella mente della sua maestra Milla, essa appare come una discoteca dove tutti sono felici e si divertono, lei per prima.
Tuttavia, curiosando in giro, si finisce per trovare una sorta di sgabuzzino buio, che a sua volta porta a una stanza piena di fiamme e urla disperate. Indagando, si viene a sapere che anni prima la donna lavorava in un orfanotrofio, ma un giorno, mentre tornava dalla spesa, vide l’edificio in fiamme, e nessuno dei bambini si salvò. Il messaggio è chiaro: non potendo cancellare il trauma, la donna decise di metterlo in un angolo, sforzandosi di apparire sempre allegra e vivace.
Nel corso del gioco, e anche nel sequel del 2021 Psychonauts 2, il giovane protagonista si ritrova in diverse situazioni analoghe, tutte molto surreali: il pittore sociopatico che da anni non riesce ad accettare di essere stato rifiutato da una ragazza a scuola, e nella propria mente si trasforma in un toro pieno d’odio; lo scienziato che ha sempre paura dei giudizi altrui, e il cui mondo interiore appare come una sorta di Masterchef in cui lui è il concorrente e i giudici somigliano ai suoi amici più stretti nel mondo reale, dai quali si sente giudicato severamente; il botanico che si sente abbandonato dalla persona amata, e per non soffrire viene rinchiuso in un bozzolo da una falena gigante.
E qui sta il messaggio principale di questi giochi: spesso i vari personaggi, compreso il protagonista, non riescono ad agire o ad andare avanti con la propria vita perché bloccati dalle proprie paure, che in molti casi si manifestano nella mente sottoforma di amici o parenti che li attaccano, perché sono come gli impauriti se li immaginano.
Seppur in maniera meno fantasiosa, lo stesso ci può succedere nella vita di tutti i giorni: persone con cui abbiamo litigato o lasciato questioni in sospeso, diventano dei fantasmi che ci tormentano, anche quando quelli veri sono morti da tempo o hanno un’opinione di noi ben diversa da come ce la immaginiamo. È esemplare, in tal senso, quando Raz si ritrova bloccato nella propria mente, tormentato da una versione deformata del padre che lo sgrida. A un certo punto, il suo vero padre entra nella sua mente per aiutarlo, e si rimane stupiti nel vedere la differenza tra come Raz vedeva suo padre e come questo era realmente.
Per aiutare le persone a riacquistare fiducia in sé stessi Raz combatte contro tutti i mostri che incarnano la loro paura, rabbia, angoscia, insicurezza e mancanza di autostima. Tuttavia, impara anche che non bisogna abusare di questo potere, nel senso che deve aiutare le persone a vincere le loro paure, ma non cambiare la loro natura. Un esempio di ciò si vede quando cerca di cambiare la psiche di Hollis, la responsabile del suo apprendistato, per renderla più propensa a correre rischi: il risultato è che lei diventa ossessionata dal gioco d’azzardo, e per farla tornare in sé Raz deve rientrare nella sua mente per sconfiggere un mostro che lui stesso ha involontariamente creato.
Queste non sono le uniche opere di finzione che hanno trattato temi psicologici e neuroscientifici in questo modo: lo ha fatto nel 2015 anche Inside Out, film d’animazione della Pixar, dove la mente di una bambina appariva come una sala comandi guidata da cinque figure, ognuna delle quali incarnava una delle sue emozioni (gioia, tristezza, paura, rabbia e disgusto).
Tuttavia, i due casi presentano delle differenze: mentre il film considera solo le emozioni senza considerare la ragione, la saga di Psychonauts invece cerca di presentare tutte le sfaccettature che la nostra mente presenta, a 360 gradi. Inoltre, Inside Out mostra come ogni singola azione della bambina sia frutto delle decisioni di chi si trova nella sala comandi, quasi fosse una macchina; nei videogiochi, invece, si vede che abbiamo una coscienza, solo che questa può essere influenzata da vari fattori.
In sintesi, ecco l’interpretazione che questi videogiochi danno della libertà: per poter essere liberi, dobbiamo prenderci cura della nostra mente, poiché più una mente è sana e più è libera. Ciò si lega anche al tema dell’istruzione, poiché più una persona possiede conoscenza e più strumenti ha per prendere decisioni. E per essere liberi, non dobbiamo vergognarci di chiedere aiuto alle persone a noi più vicine. Perché, come cantava Giorgio Gaber, “la libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione.”