Autostrade per l'Italia: forca + 'sostituzione sovietica'
Innovazione e mercato
Quella che resterà, per gli annalisti di domani, sarà l’essenza politica della vicenda Autostrade: non la sua cronaca giuridico-finanziaria: vale a dire, una Espropriazione a Furor di Popolo.
Furore punitivo che, nell’uso pubblico, spettacolare, strumentale e immorale della Vittima (peraltro, le 73 persone variamente accusate per il crollo del Ponte Morandi, sono ancora solo sottoposte ad indagine, in vista magari del loro, già inutile, Processo), ha voluto imporre un succedaneo, falso e primordiale, di una razionale politica economica.
Che l’azionista privato abbia infine “accettato” la “proposta”, non ha più valore esplicativo - a discarico di un’azione propriamente sovietizzante, cioè, incivile e parassitaria - di una volontà indotta per induzioni oblique: quando non senz’altro minacciose. Come solo un Apparato consapevolmente e voluttuosamente “statizzato” sa fare.
La Concessione, infatti, è stata brandita, non negoziata. Fino al punto da imporre un richiamo formale dell’Avvocatura dello Stato, per l’ipotesi della sua revoca.
Un estremo “potenziale”, che nulla toglie alla malignità dell’intenzione, e qualifica politicamente nel senso di uno zelo fanatico e jacqueristico.
Non per nulla, il conseguimento della revoca “pura e dura” era nelle mire così del M5S come di Lega e FDI, che oggi ne contestano la mancata attuazione. Quanto a dire, dell’espressione complementare del più rozzo e reazionario spirito statolatrico e giacobino. Che dell’ “interscambio culturale Destra/Sinistra” si bea, mentre ne fa imputridire lo spirito pubblico.
Con buona pace dei tanti, troppi e pelosi, sostenitori di reciproche “diversità” nei due Antipartito.
Tanto che il rischio di dover pagare 23 miliardi, è parso piuttosto stingersi in un’arrogante e impenitente manovra: messa in atto, nel gioco delle parti “estreme” e “moderate” (queste ultime, stavolta, assunte prevalentemente dal Partito Democratico), al fine ultimo di ben figurare rispetto all’esborso “espropriativo”: fatto gravare su Cassa Depositi e Prestiti.
L’illegalità della revoca era così patente, da aver anzi permesso a due stati terzi, come Cina e Germania, di assumere pubblica e vistosa posizione contro tale ipotesi. Oltre che aver innescato una volatilità dei titoli coinvolti, in una eloquente e prevedibilissima “reazione” del mercato.
Sicchè, può passare ora agevolmente in cavalleria, il crudo fatto che CDP pagherà una cifra compresa fra i 3 e i 5 miliardi per acquisire, col 51% delle azioni e, così, fra l’altro, il “controllo” e, soprattutto, la responsabilità di 19 miliardi di debiti.
Si dice, talvolta con pigrizia liturgica, che l’Italia non abbia mai fatto i conti col Fascismo. È certo, comunque, che non abbia fatto quelli col Comunismo. Certamente, per le stesse, storiche, ragioni illiberali.
E si vede.