Centinaio

Nel 2017 l’Italia ha esportato in Canada per un valore di circa 5,34 miliardi di euro e ha importato dal paese nordamericano 1,45 miliardi di euro in beni e servizi. L’effetto dell’accordo di libero scambio tra Unione Europea e Canada - il famoso Ceta - andrebbe valutato in un orizzonte pluriennale, ma una prima indicazione sulle sue potenzialità l’abbiamo avuta nei primi 5 mesi di vigenza provvisoria dell’accordo: da ottobre 2017 a febbraio 2018 l’export italiano in Canada è aumentato quasi del 13 per cento e l’import dal Canada è cresciuto del 2,5 per cento.

Insomma, vendiamo al Canada più di quanto compriamo dal Canada e grazie al Ceta il saldo è ancora più in attivo per l’economia italiana. Solo per limitarci al comparto agroalimentare, secondo i dati dell’ICE, siamo il primo fornitore del Canda per l’olio d’oliva, i formaggi stagionati, i kiwi (sì, i kiwi), il prosciutto cotto, le castagne, i panettoni e altro ancora. Siamo il loro secondo fornitore di vino, acqua minerale, formaggi grattugiati, formaggi freschi, pasta, aceto, ketchup (sì, ketchup), salse di pomodoro, tonno e tanto altro. La vendita di questi prodotti, con qualche eccezione qui e lì, è cresciuta significativamente grazie all’abbattimento delle barriere doganali permesso dal Ceta.

Di contro, la paventata invasione di grano canadese non si è verificata, anzi la quota di grano acquistata in Canada dall’industria italiana è diminuita nel pur breve lasso di tempo considerato.

L’agroalimentare è il settore che più di tutti è messo sotto osservazione dai “no-Ceta”, con argomenti smentiti dalla realtà. Tuttavia, per bocca del neo-ministro dell’Agricoltura Gian Marco Centinaio, sembra che la nuova maggioranza giallo-verde sia intenzionata a non ratificare il Ceta nel Parlamento italiano. L’accordo tra Europa e Canada, infatti, è in vigore provvisoriamente dopo l’approvazione dal parte del Parlamento europeo e di quello canadese, ma la sua entrata in vigore permanente avverrà (o avverrebbe) solo dopo il processo di ratifica dei singoli stati membri europei. Non era dovuto, per la UE il commercio internazionale è materia comunitaria e non intergovernativa, ma la pia illusione di contrastare il sentimento sovranista da parte dei governi nazionali portò alla previsione di un percorso di ratifica “aggravato” dalle forche caudine delle ratifiche nazionali.

E l’Italia, il primo stato membro europeo con una maggioranza solidamente sovranista, rischia di essere il paese che affossa il più avanzato trattato di libero commercio tra ricche democrazie occidentali. Qui non si tratta infatti di contestare il libero scambio tra l’Europa e un paese che indugia in pratiche di dumping sociale o ambientale, ma di una realtà come il Canada la cui regolazione sul lavoro, il welfare e l’ambiente è di primario livello globale. Per dirla in due parole, il Canada è il paese più europeo fuori dall’Europa.

E la contrarietà gialloverde al Ceta ha ragioni esclusivamente ideologiche e non pragmatiche: reintrodurre le barriere commerciali danneggia il Made in Italy, non lo aiuta di certo. Il Ceta è il primo accordo internazionale con cui l’UE riesce ad affermare fuori dai propri confini le regole di tutela delle indicazioni geografiche, introducendo la tutela di circa 171 prodotti europei (di cui 41 italiani) a indicazione geografica nel mercato canadese. I critici dicono che sono poche ("tutela solo una piccola parte dei nostri prodotti Dop e Igp”, dice Centinaio oggi) e che tali prodotti coesisteranno in Canada con le loro imitazioni: bene, hanno ragionato sul fatto che, in caso di bocciatura, le imitazioni resteranno comunque e i prodotti igt italiani avranno ancora meno tutela e minore accesso al mercato canadese?

Per un paese come l’Italia, in particolare, la bocciatura del Ceta corrisponderebbe a un danno netto, presente e soprattutto futuro. Un danno che l’Italia arrecherebbe all’intera Unione Europea, perché l’accordo di libero scambio con il paese nordamericano decadrebbe per tutti i paesi membri e decreterebbe in fondo l’archiviazione di qualsiasi altro progetto di integrazione commerciale internazionale.

Una proposta che lanciamo al ministro Centinaio e all’intera maggioranza parlamentare è la seguente: accantonino il ddl di ratifica del Ceta per un anno così da avere qualche dato più robusto sui suoi effetti concreti. Non danneggiamo il Made in Italy dicendo di volerlo tutelare.