Marchionne

Non c’è alcuno scandalo nelle parole di Sergio Marchionne, che apre una linea di dialogo con il presidente eletto Donald Trump sulla vicenda delle emissioni inquinanti delle automobili del gruppo FCA, che secondo l’agenzia governativa EPA violerebbero gli standard di legge.

Il manager di Fiat-Chrysler nega con veemenza che il suo gruppo abbia utilizzato un software capace di truccare le rilevazioni, come invece ha fatto Volkswagen per stessa ammissione della compagnia tedesca. Anzi, Marchionne controbatte accusando i funzionari americani di aver voluto segnare un colpo di coda proprio negli ultimi giorni dell’amministrazione Obama.

Al momento - per quanto vale l’opinione di chi scrive – la posizione di Marchionne e quella dell’ente ambientale Usa hanno pari dignità. In un regime garantista, accusa e difesa sono sullo stesso piano (anzi, la presunzione d'innocenza prevale fino a prova contraria) e troppe volte queste vicende si rivelano bolle mediatiche e speculative, che danneggiano lavoratori e piccoli risparmiatori. Se sarà così anche questa volta non è dato sapersi, ma certo, con un po’ di amor patrio, è bene sperare che Marchionne abbia ragione. Un’eventuale sanzione multimiliardiaria per la FCA avrebbe conseguenze nefaste anche sul piano industriale ed occupazionale italiano, oltre a danneggiare pesantemente l’immagine della multinazionale di Torino e Detroit.

Più d’uno si divertirà a raccontare di Sergio che abbandona l’amico Barack (dopo aver incassato i soldi pubblici americani nel 2009) e ora corre incontro a The Donald. In realtà, Marchionne si comporta con estrema razionalità, perché tra una settimana Donald Trump sarà il 45esime presidente degli Stati Uniti d’America e sarà la sua Amministrazione a dare le carte, nel bene e nel male.

Finora il mondo ha trattato Trump come un usurpatore, un incidente elettorale e un insulto. Lui ci mette del proprio, ogni giorno, a colpi di tweet, ma piaccia o no Trump tra pochi giorni guiderà la Casa Bianca per almeno 4 anni. Se non vogliamo trasformare il mondo in un grande fenomeno di antiberlusconismo in scala d’ingrandimento 100:1, la razionalità di Marchionne sarà una dote utile per tutti. E proprio come Marchionne, la ragione per cui bisogna dialogare con Trump è il proprio interesse, non quello di Trump o degli Stati Uniti.

Lasciamo che a impazzire, a lanciare anatemi e a fare girotondi contro Trump siano le stelle di Hollywood: i governi europei, la politica europea e le imprese europee hanno un concreto interesse a essere pragmatici nel loro approccio alla nuova presidenza. Tweet o non tweet, parrucchino non parrucchino, piogge dorate o non piogge dorate.

L'America guidata da Trump sarà comunque l'unica America che avremo: in un mondo tornato così minaccioso e instabile, l'America resta la principale garanzia di stabilità per noi occidentali. Altre garanzie, stante la colpevole ignavia europea, non ne abbiamo.