Fibra ottica

La scorsa settimana il Presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi ha annunciato per il post-Expo di Milano un progetto da un miliardo e mezzo di Euro, che comprende, tra l’altro, un centro di ricerca sui Big Data. Il progetto “Human Technopole Italy 2040” consentirebbe all’Italia di rilanciare il proprio ecosistema digitale, accrescendone il potenziale di innovazione e competitività.

I dati sono la nuova moneta globale. Significano crescita, innovazione, insomma il futuro. Le nostre vite diventano sempre più digitali, e in questo processo produciamo un’incredibile quantità di dati, che possono essere analizzati e conseguentemente trasformati in enormi profitti. Questa raccolta d’informazioni è definita “Big Data”.

Ma cosa significa, esattamente, questo concetto di Big Data che usiamo in maniera tanto generica?

Gartner, società leader nella ricerca e nelle consulenze per l’ICT, definisce i Big Data come “Asset di informazioni ad alto volume, velocità e varietà che richiedono forme innovative e redditizie di elaborazione delle informazioni per migliorare la comprensione e il processo di formazione delle decisioni”. Le famigerate tre V (Volume, Velocità, Varietà) del ricercatore Doug Laney ci possono aiutare a capire meglio il concetto di Big Data. “Volume” significa l’enormità del numero di dati raccolti, “Velocità” significa sia l’incredibile rapidità di elaborazione dei dati sia la misura dei cambiamenti temporali nei data set, e “Varietà” comprende tutte le diverse forme in cui i dati si presentano, potendo essere testuali o numerici, consistenti in file di log, email, foto, video, dati finanziari e di mercato, dati sulla salute e così via.

Cos’è che rende i Big Data così grandi? Tanto per mettere le cose nella giusta prospettiva, consideriamo che, nel secondo appena trascorso, sono stati generati circa 31.045 gigabyte di (EDIT) traffico Internet . Questo numero cresce ogni giorno, ogni minuto, ogni secondo che passa. Nella giornata di oggi sono stati mandati più di 207 miliardi di email, inviati più di 860 milioni di tweet, lanciate più di 4,2 miliardi di ricerche su Google e postate su Instagram più di 243 milioni di foto. Si stima che, entro il 2020, saranno creati 43mila miliardi di gigabyte di dati.

Il valore di questi dati, delle informazioni generate dalle nostre innumerevoli azioni su reti e network, è dato dalla loro analisi. L’analisi dei big data viene fatta utilizzando complessi algoritmi capaci di analizzare milioni, o anche miliardi di informazioni, per elaborare modelli e insight che diano loro valore. Questo può essere fatto per vari scopi: la ricerca scientifica, lo sviluppo di previsioni in campo economico, la comprensione e la previsione di una serie di trend o, esempio forse più familiare, l’analisi dei comportamenti dei consumatori al fine di guadagnare con le inserzioni pubblicitarie personalizzate (targeted advertising).

Abbiamo capito, dunque, che questi dati possono essere valorizzati, ma, esattamente, quanto? Stando a quel che scrive l’Interactive Advertising Bureau (IAB) nel suo Internet Advertising Report dello scorso ottobre, i ricavi della pubblicità su Internet, nei primi sei mesi del 2015, sono aumentati del 19%, arrivando a 27,5 miliardi di dollari; nello stesso arco di tempo, i ricavi della pubblicità sui social network sono aumentati del 51 per cento, arrivando a 4,4 miliardi di dollari: è evidente lo spostamento verso una maggior connettività via dispositivi mobili.

La International Telecommunication Union (ITU), agenzia specializzata delle Nazioni Unite che si occupa di ICT, stima che, entro la fine del 2015, gli utenti di Internet nel mondo diventeranno 3,2 miliardi. Mentre il numero di utenti di Internet cresce di giorno in giorno, altrettanto cresce la quantità di dati generati ogni istante, e cresce sempre di più via via che sempre più dispositivi sono connessi a Internet. È quello che una volta veniva chiamato Internet of Things, l’Internet delle cose, reso possibile dall’innovazione rappresentata dai Big Data e dalle analisi, trasformato nell’Internet of Everything, l’Internet del Tutto, che – secondo alcune previsioni – potrebbe arrivare a valere fino a 19mila miliardi di dollari entro il prossimo decennio. Questo significa una mole sempre crescente di dati, ma anche di profitti, sia per il settore pubblico che per quello privato.

I Big Data sono importanti perché significano crescita e innovazione. Il loro potenziale è immenso: potrebbero salvare vite, migliorare le nostre economie, creare un futuro migliore per i nostri figli. I Big Data sono il nostro futuro, e dovremo imparare a usarli con intelligenza.

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