Riforme e pregiudizi. L'euro-gioco delle parti tra tedeschi e italiani
Editoriale
Tutto quanto poteva essere fatto da parte di tedeschi e italiani per confermare il pregiudizio reciproco, a questo punto è stato fatto. Si può fare di peggio, volendo, ma non molto di più.
Renzi si è presentato all'avvio del semestre di presidenza italiana con un accordo precario (e equivoco) raggiunto all'eurovertice sulla flessibilità possibile, e con un discorso all'europarlamento che non ha chiarito, ma semmai confuso, il senso e la novità della richiesta italiana e dello scambio virtuoso tra flessibilità e riforme. Intanto il PD è tornato in massa a occupare le antiche trincee anti-rigoriste (e anti pareggio di bilancio, anti fiscal compact...) dove ha ritrovato accampati i vecchi nemici berlusconiani; cosa che sembra fatta apposta per giustificare la diffidenza nord-europea per i "soliti italiani".
Dall'altra parte, è sempre più evidente che la Germania sta riversando sul tavolo europeo il conflitto istituzionale tra esecutivo e Bundesbank e le evidenti divergenze politiche, dentro la CDU e dentro il governo di grande coalizione, sul modo di stare (e di non stare) sotto il tetto di quest'Europa pericolante.
Se suona falso il discorso aggrovigliato attorno alla finta alternativa tra crescita e rigore, che i politici italiani anti-tedeschi patriotticamente intonano, per negare la natura e ragione interna della crisi economica nazionale, suona ormai altrettanto pretestuoso e stereotipato il pregiudizio di politici e banchieri tedeschi sull'indisciplina finanziaria degli italiani, a prescindere dai governi, e perfino dai conti e dai bilanci.
Renzi, che il risultato delle europee rende di fatto leader di tutto il fronte eurosocialista, e quindi associa una responsabilità di governo nazionale ad una politica (anche) europea, continua fiduciosamente a sostenere che, malgrado il crescere della tensione, il patto con Merkel e Juncker e l'accordo di grande coalizione a Bruxelles rimane saldo. Anche se rimane comunque da dimostrare quanta "roba" e quanto utile ci sia alla fine dentro quell'accordo.
Non potendo comunque operare sulle variabili tedesche dell'equilibrio politico europeo, Renzi dovrebbe forse preoccuparsi di rimettere ordine in quelle italiane. Se lo schema è quello originario - in sintesi: la flessibilità serve a fare le riforme, non a evitarle, cioè serve a comprare tempo per mandarle a regime e farle funzionare, non per pagare a rate il consenso ricevuto - allora le riforme bisogna anche iniziare a farle. E non siamo obiettivamente neppure all'inizio.