E ora il problema di Renzi si chiama PD
Editoriale
O ad elezioni subito con una legge elettorale – il Consultellum – che ci rigetterebbe nel pantano, o si prova a fare subito quello che Letta non avrebbe potuto fare mai. Tertium non datur. Renzi ha puntato sulla strada meno ragionevole: un progetto di legislatura con obiettivi insolenti e un ritmo dopato. Il suo progetto, i suoi obiettivi, il suo ritmo.
Il Renzi I avrà una maggioranza parlamentare. Non avrà tuttavia la sua maggioranza parlamentare. E la parte meno sua di quella maggioranza, la meno renziana, la meno coinvolta nel progetto, motivata a conseguirne gli obiettivi e capace di tenerne il ritmo, è proprio quella che alla Camera e al Senato siede tra i banchi del Pd. Chiamateli minoranza interna, cuperliani, giovani turchi, bersaniani, dalemiani, epifaniani. In realtà, oltre le etichette della contingenza, sono quelli che non hanno mai fatto i conti con la contemporaneità, sono sempre stati il motore della conservazione.
I meno ansiosi di privilegiare il fare presto al fare meglio, il fare al dire troppo, sono i democratici e le democratiche, sensibilità le più ideologicamente oscure del pensare politico. Hanno cominciato in Direzione Nazionale, obiettando al segretario rottamatore il modo della rupture, la forma, le buone maniere. Cosa faranno in aula, sul web e in tv, il giorno dopo l'insediamento del Matteo Primo?